“L’aspirina (un esempio fra tanti) ha sicuramente effetti collaterali con un frequenza maggiore di quella segnalata per il vaccino anti-Covid di AstraZeneca, ma continuiamo ad utilizzarla quando indicato”. A dirlo è Paolo Corradini, presidente della Società italiana di ematologia (Sie), lanciando così un appello affinchè ci si continui a vaccinare poichè, avverte, “il rischio di decesso a causa dell’infezione da Covid-19 è certamente più alto e la stessa malattia da Covid, nei casi più gravi, può determinare trombosi in una percentuale maggiore rispetto al rischio bassissimo collegato al vaccino”.
“La possibilità di incorrere in un evento grave a causa di Covid-19 è molto più alta rispetto al rischio di eventi collaterali gravi legati al vaccino”, precisa Corradini. Una questione di rischio-beneficio che vale anche per gli altri farmaci: “Ad esempio, episodi di sanguinamento gastrointestinale legati all’uso dell’aspirina e che possono essere banali ma anche seri si verificano in media in 2 persone ogni mille l’anno che ne fanno uso. Se pensiamo che la frequenza di trombosi nella popolazione generale è pari a 1.07 per mille persone e che gli eventi trombotici rari segnalati dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno una frequenza di 1.07 per milione, si capisce come la frequenza di eventi avversi legati all’aspirina e che possono essere anche gravi sia superiore”. Quello su cui Corradini vuole porre l’attenzione è che nella scienza, e quindi in medicina, “tutto ha un rischio. Ciò non significa sminuire i casi di eventi avversi che possono verificarsi, ma valutare appunto il rischio-beneficio. Nel caso della pandemia da Covid, sappiamo che solo vaccinando si possono evitare centinaia di morti per questo virus”. Un altro esempio, spiega, ”è legato ad un atto che spesso ci appare banale, quale è l’anestesia in un intervento chirurgico, piccolo o impegnativo che sia: anche un’anestesia locale, infatti, può registrare in media un evento di decesso ogni 200mila casi. Oppure: un trapianto di midollo da donatore ha una mortalità dal 10 al 25%, eppure è un intervento che si pratica ogni giorno in tutto il mondo contro malattie gravi”. Tutto cioè “ha un rischio ma questo – ribadisce – va accettato se i benefici, come nel caso della vaccinazione anti-Covid o di altre procedure, sono di gran lunga maggiori”.
Ad ogni modo, il presidente Sie sottolinea come “la frequenza di trombosi rare segnalate a seguito della somministrazione temporale del vaccino AstraZeneca non è superiore o in eccesso rispetto alla frequenza per tali eventi attesa nella popolazione generale, come dimostra anche un recente studio danese pubblicato su Lancet, ma perchè tali eventi si verifichino e perchè in determinate categorie non è acclarato”. Ci sono varie ipotesi ma tutte da confermare: “Ritengo vadano ad esempio approfonditi gli studi sui soggetti con fattori genetici predisponenti agli eventi trombotici, ma anche sui soggetti guariti che hanno già avuto infezione da Covid”. Questi ultimi “vengono attualmente vaccinati, ma hanno già sviluppato anticorpi e non sappiamo se ciò possa in qualche modo influire sul rischio. La risposta immunitaria dopo una sola dose di vaccino in un ‘guarito’ è infatti già potentissima: un soggetto guarito sviluppa infatti anticorpi 50 volte in più rispetto ad un soggetto che ha fatto due dosi ma non ha avuto la Covid. Un’ipotesi è che tale risposta immunitaria in questi soggetti sia talmente forte da poter aumentare il rischio di eventi rari e innescare anche eventi trombotici. Questo – conclude Corradini – è un aspetto che non spiega tutto, come la maggiore frequenza di eventi trombotici nelle donne, ma che va sicuramente analizzato”.
Argomenti: covid-19