L'infettivologo Di Perri: "Riaprire con cautela o il rischio è fare come la Sardegna"

Il responsabile delle Malattie infettive dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino: "La variante inglese ha cambiato tutti i parametri"

Giovanni Di Perri
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19 Aprile 2021 - 16.54


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Il caso emblematico della Sardegna ha messo in allarme molti degli scienziati che avvertono la popolazione, ma anche le istituzioni, di fare massima attenzione nel gestire le riaperture e la libertà di movimento: “Bisogna stare attenti e cauti con le riaperture e serve senso di responsabilità da parte di tutti.
Certamente c’è il rischio di una parabola come quella vissuta dalla Sardegna, da zona bianca a rossa in poche settimane.
La variante Gb è un fattore che va considerato.
Se abbiamo preso le misure con il virus nella prima e seconda ondata, questa variante è più trasmissibile e cambia di nuovo le carte in tavola.
Un colpo di coda” post allentamento delle restrizioni “me lo aspetto.
Il numero quotidiano di contagi è ancora alto e non permette ancora un tracciamento dei contatti come lo vorremmo fare”.
E’ di questa idea Giovanni Di Perri, responsabile delle Malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino.
“Ci sono fattori diversi a ogni riapertura, in quelle programmate per adesso, c’è di buono che praticamente quasi un terzo della popolazione italiana è immunizzata perché ha fatto l’infezione o almeno una dose di vaccino anti-Covid, ed è una cosa che si avverte in ospedale nel numero ormai scarsissimo di ultraottantenni che vengono ricoverati.
Ma di fattori meno favorevoli ce ne sono altri.
E va considerata la variante Gb, dobbiamo aggiungere un coefficiente di maggiore contagiosità.
Tra l’altro, negli ultimi diari degli infetti”, quando si va a ricostruire la fonte del contagio di un paziente, “vedo feste e cenette in misura maggiore rispetto a prima.
Credo serva senso di responsabilità: vogliamo andare a cena fuori? Facciamolo, ma con l’esito di un tampone rapido in mano”.
Guardando ai pazienti che arrivano nei reparti, Di Perri osserva: “C’è di nuovo scarsa vigilanza. Vedo 50-60enni gravi in misura maggiore che non nella precedente ondata. Potrei sbagliarmi, ma questa è l’impressione che ho.
Occorre stare attenti nelle condotte quotidiane”.
Sul fronte vaccini “il clima è migliorato – riflette – Se da un lato abbiamo avuto tentennamenti su AstraZeneca e Johnson & Johnson, i numeri dei vaccini a mRna permettono adesso di fare quel che stiamo facendo con la vaccinazione” agli over 70 e “speriamo che possa entrare in uso”, dopo le conclusioni domani dell’Agenzia europea del farmaco Ema, “anche il vaccino J&J.
I numeri relativi agli eventi segnalati” dopo l’iniezione scudo “sono comunque molto bassi, anche rispetto a quel che ci si aspetta in assenza di vaccino”.
Per l’infettivologo sulle vaccinazioni, è tempo di correre.
“Se andiamo lenti” sul controllo di Covid-19, “rischiamo di selezionare varianti più pericolose.
Ci sono tanti aspetti che ci dicono di far presto e bene e rimanere determinati nei confronti della lotta al virus.
In quest’ottica, poi, spero si dia spazio agli anticorpi monoclonali che somministrati all’esordio dell’infezione in soggetti a rischio riducono di molto l’aggravamento.
Il panorama è vivace: sul fronte ricerca ci sono diversi antivirali in sperimentazione, se nell’ambito della campagna vaccinale in corso vacciniamo 3 milioni di persone in 10 giorni, diversi segnali mi fanno pensare bene”.

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