La variante indiana analizzata dagli esperti: ecco i sintomi e i vaccini utili

Per Crisanti "La variante indiana genera cluster molto ampi quindi probabilmente ha un alto indice di contagiosità. In India ha completamente soppiantato la variante inglese"

Variante indiana
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27 Aprile 2021 - 11.37


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A livello di sintomi la variante indiana pare essere più impattante sull’organismo. Tosse, raffreddore, mal di testa e mal di gola, febbre, dolori muscolari, diarrea, stanchezza e spossatezza, ovvero i primi segnali della presenza del coronavirus nelle persone, sono di solito più forti. E di conseguenza anche i tempi di guarigione ne risentono.
La situazione drammatica che sta vivendo in queste ore l’India, con record di casi e di morti che vengono sfondati ogni giorno e che fanno schizzare anche i numeri del contagio del Mondo a livelli mai visti prima, preoccupa e non poco studiosi e scienziati.
Infatti secondo alcuni la nuova variante individuata proprio in India e che è a tutti gli effetti la causa principale del disastro del Paese asiatico, potrebbe sfuggire all’azione dei vaccini.
In Italia i riflettori sono puntati sulla variante indiana, individuata anche in Veneto con 2 casi: “La variante indiana genera cluster molto ampi quindi probabilmente ha un alto indice di contagiosità.
In India ha completamente soppiantato la variante inglese”, spiega Crisanti, evidenziando che “ha due mutazioni nella regione che funziona da bersaglio per gli anticorpi neutralizzanti. 
Si ritiene che effettivamente possa in qualche modo sfuggire al vaccino”.
L’Italia ha bloccato gli arrivi dall’India con un provvedimento “corretto”. 
Ma, aggiunge Crisanti, “bisogna creare una quarantena vigilata per persone che vengono da questi luoghi.
In questo momento non sappiamo qual è il catalogo delle varianti presenti in Italia, va cambiata la strategia. 
La nostra capacità di monitorare varianti è bassissima, il fatto che siano stati individuati due casi è un campanello d’allarme: probabilmente significa che ce ne sono molti di più”.
“In questo momento non sappiamo qual è il repertorio delle varianti” di Sars-CoV-2 “in Italia. Facciamo un test parziale, una volta ogni 15-20 giorni, su un campione molto limitato e su pezzi del virus estremamente limitati. 
Va cambiata la strategia.
Se facessimo decine di migliaia di sequenze e trovassimo due casi potremmo dire che sono casi isolati – precisa – Se ne analizziamo poche centinaia e ne troviamo due, cambia completamente”.

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