L'infettivologo Menichetti: "Con la variante indiana vaccini in sofferenza"

Il primario di malattie infettive dell'ospedale di Pisa: "Ha la mutazione della californiana e una della brasiliana-sudafricana, e quindi le sue capacità di elusione della risposta anticorpale sono importanti"

Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all'ospedale di Pisa
Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all'ospedale di Pisa
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14 Giugno 2021 - 15.36


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Francesco Menichetti, primario di malattie infettive dell’ospedale di Pisa ha descritto la variante indiana del coronavirus Sars-CoV-2, come quella più resistente ai vaccini in quanto presenta una doppia mutazione.
“E’ conosciuta come la variante con la doppia mutazione: ha la mutazione della californiana e una della brasiliana-sudafricana, e quindi le sue capacità di elusione della risposta anticorpale indotta dal vaccino sono importanti”.
“Mentre noi sappiamo che il vaccino induce una risposta anticorpale adeguata nei confronti della variante inglese e discreta nei confronti di quella sudafricana, anche se non ottimale, nei confronti dell’indiana – ha sottolineato l’esperto – i vaccini a nostra disposizione soffrono di più”.
Nel Regno Unito cosa è successo?
“Il Paese – ha analizzato Menichetti – ha puntato su una politica vaccinale basata su una singola dose e nel nord si è diffuso un focolaio importante di variante indiana che ha indotto il premier Boris Johnson a rimandare di un mese il calendario delle riaperture e a completare il ciclo vaccinale con le seconde dosi”.
Questo perché, ha spiegato il virologo, “c’è presunzione che il ciclo vaccinale completo sia più adeguato”.
Ma anche con il ciclo completo di vaccino nel Regno Unito sono stati registrati 12 morti “e questo – ha avvertito Menichetti – deve essere di monito a chi ritiene che la battaglia è conclusa ed è stata vinta. La battaglia è in corso, la campagna vaccinale è in corso e, come ci insegnano le esperienze, dovrà avere dei correttivi. E non è possibile pensare di abbandonare le precauzioni, ovvero distanziamento, aerazione, lavaggio delle mani e mascherina – ammonisce – perché abbandonarle è suicida”. 
In Italia “noi finora siamo favoriti dal punto di vista epidemiologico perché abbiamo avuto solo un piccolo focolaio alla palestra di Milano con un caso su 10 con la variante indiana. Io però – ha precisato Menichetti – rimango piuttosto perplesso, perché non so valutare se la nostra capacità di sorveglianza delle varianti sia così adeguata come quella britannica. Bisogna continuare a sorvegliare e tracciare. Non è solo il ritmo di 500-600mila vaccini al giorno che ci porta fuori dall’emergenza. Le variabili – ricorda il virologo – sono l’efficacia dei vaccini in funzione della circolazione delle varianti”.
Anche per i vaccinati, infatti, “potremmo avere qualche difficoltà.
Non a caso – ha ricordato – si sta studiando la famosa terza dose. E quando si dibatte sulla terza dose si sta proprio riflettendo su come adeguare il vaccino, soprattutto quello a Rna messaggero, in modo tale da fronteggiare le varianti difficili che meglio sfuggono all’immunità. Ma le varianti difficili – ha concluso Menichetti – se uno non fa monitoraggio, chi deve riuscire a identificarle”?.

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