Si stanno accumulando diversi dati sulla memoria immunologica, che fanno ben sperare sulla durata dell’immunità contro Covid.
Alcuni studi segnalano per esempio che nel midollo osseo di pazienti che si erano ammalati di Sars-CoV-2 è stata osservata la stessa quantità di plasmacellule della memoria osservata anche dopo la vaccinazione contro tetano e difterite.
Ancora, un’altissima percentuale di queste cellule è stata rilevata pure in pazienti che si erano ammalati della prima Sars 14 anni fa.
Queste persone oggi sarebbero ancora protette se quel virus tornasse di nuovo. Questi e altri dati mi fanno pensare che potremmo non doverci rivaccinare ogni anno contro Covid, che la protezione potrebbe essere estesa, per lungo tempo”. E’ la riflessione di Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi.
“Da un punto di vista immunologico, perché questo virus non dovrebbe comportarsi come gli altri virus simili ad esso? Aspetterei dunque a pensare già che serviranno al 100% richiami del vaccino Covid ogni anno”, ha sottolineato l’esperto.
“Secondo me si parte da una premessa sbagliata – ha osservato Clerici – Si paragona Sars-CoV-2 all’influenza, che varia ogni anno perché è un virus diverso a colpire. Se dovessi pensare a un rischio da temere, più che le varianti di Sars-CoV-2 mi farebbe paura in misura maggiore un altro salto di specie da un diverso coronavirus nei prossimi anni. Del resto, ne abbiamo avuti 3 negli ultimi 12 anni”.
“Tornando all’immunità da Sars-CoV-2 – precisa l’esperto – la concentrazione di anticorpi IgG in circolo potrà anche diminuire ovviamente nel tempo. Ma faccio un esempio: è come se noi avessimo un cannone che spara i suoi proiettili solo se c’è il virus, in sua assenza questo cannone se ne sta lì pronto e quando il virus si dovesse ripresentare avrebbe il macchinario per produrli”.
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