La Fondazione Gimbe, alla luce dei risultati del nuovo monitoraggio relativo alla settimana dal 16 al 22 giugno, ha chiesto di mettere in campo azioni in modo deciso tali da contrastare la variante Delta del Covid.
“Non è accettabile una gestione ‘attendista’ della variante Delta, contro la quale occorre attuare tempestivamente le misure raccomandate dall’Ecdc: potenziare sequenziamento e contact tracing, attuare strategie di screening per chi arriva dall’estero e accelerare la somministrazione della seconda dose negli over 60 e nei fragili”.
Secondo il report del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) pubblicato ieri, questa variante è del 40-60% più contagiosa di quella alfa (inglese) e determinerà il 70% delle nuove infezioni entro l’inizio di agosto ed il 90% entro la fine.
In Italia, stando al database internazionale Gisaid, sulla base dei campioni prelevati dal 9 al 23 giugno, su 218 sequenze depositate 71 (32,6%) sono da variante delta ma non tutte le Regioni condividono i sequenziamenti in questo database. Un dato piu’ accurato sulla prevalenza della variante delta in Italia, al 18 maggio la attestava all’1%.
“In assenza di dati affidabili sulla presenza della variante Delta in Italia – puntualizza il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – tre sono le ragionevoli certezze: innanzitutto il numero di sequenziamenti effettuati è modesto e eterogeneo a livello regionale; in secondo luogo, il contact tracing non è stato ripreso, nonostante i numeri del contagio lo permettano.
Infine, preoccupa il confronto con quanto sta accadendo nel Regno Unito, dove la variante si diffonde velocemente: in Italia infatti poco piu’ 1 persona su 4 ha completato il ciclo vaccinale (rispetto al 46% nel Regno Unito), mentre il 26,5% della popolazione ha ricevuto solo una dose (rispetto al 17%) e il 46% e’ totalmente privo di copertura (rispetto al 37%). Percentuali preoccupanti considerando la minore efficacia di una sola dose nei confronti di questa variante”.
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