La scarpa di Chruščёv e le bombe di Putin

Il 12 ottobre 1960, si consumò una delle scene più iconiche della storia diplomatica che le televisioni diffusero in tutto il mondo: il presidente dell'Urss picchiò la sua scarpa sul tavolo durante un dibattito all'Assemblea generale dell'Onu

La scarpa di Chruščёv e le bombe di Putin
Chruščёv e Putin
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Marcello Cecconi Modifica articolo

10 Ottobre 2024 - 12.33 Culture


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Fu un gesto, quello di battere la scarpa sul tavolo, che pur nella sua eccentricità urlava protesta risoluta contro le affermazioni del delegato filippino che accusava l’Urss di “imperialismo” in Europa orientale e segnava un momento di grande teatro politico dell’era della Guerra Fredda. Oggi, a distanza di più di sessant’anni, in un’Europa orientale ridisegnata dal crollo del Muro del 1989, troviamo un’altra figura agguerrita sul palcoscenico mondiale: Vladimir Putin. Ma al posto della sfuriata al tavolo delle Nazioni Unite, la Russia di oggi ha scelto un’altra forma di “dialogo”.

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Mentre con la sua scarpa, Chruščёv, provava ad alzare la voce per farsi sentire dalle potenze mondiali, Putin ha scelto strumenti molto più aggressivi: le armi. Togliendo ogni illusione a chi era convinto che questa nostra epoca avesse in sé gli anticorpi per affrontare i problemi globali con discussioni civili, il leader russo ha optato deciso per il conflitto armato in Ucraina, trasformando il dramma geopolitico in una vera e propria pièce d’azione di stampo napoleonico facendo ripiombare l’Europa indietro di un paio di secoli.

Adesso proviamo ad immaginare se Chruščёv avesse potuto beneficiare delle moderne tecnologie di comunicazione. Chissà quante battute vibranti avrebbe postato su X che sarebbero poi diventate dei meme virali con una nuova emoji per il dissenso con la sua immagine che brandiva la scarpa. Forse avrebbe potuto creare un hashtag esplosivo come #ShoesNotWar, capace di unire i popoli contro le ingiustizie in tempo reale.

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Al contrario, Putin usa i social media per edificare narrazioni che giustifichino le sue azioni, infischiandosene della possibile comprensione, ma mirando all’approvazione silenziosa e obbediente del suo pubblico domestico. Il paradosso narrativo è lampante. Mentre Chruščёv, picchiando il tacco della scarpa sul palcoscenico dell’Onu, cercava il clamore mediatico quando c’erano pochi strumenti per comunicare, il suo successore cerca l’aplomb nell’odierno diluvio di media che trasmettono incessanti il doloroso frastuono dei botti di guerra.

Così mentre il mondo osserva confuso e impotente questa drammatica evoluzione viene da chiedersi se avremo mai una “scarpa” che farà vibrare i tavoli delle istituzioni internazionali o, se invece, avremo sempre il ronzio dei droni a sostituire quella vibrazione. Forse ci mancherà il sorprendete teatro del passato, quando i gesti e le parole, se usati bene, potevano essere armi più potenti delle bombe.

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