La storia europea della Juve non è un handicap, ma una forza

Antonio Conte chiede alla società un massiccio intervento sul mercato per trovare nuove motivazioni, ma su una cosa ha torto: la storia non si cancella.

La storia europea della Juve non è un handicap, ma una forza
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7 Maggio 2014 - 15.14


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di Gianluca Minchiotti

Antonio Conte probabilmente ha ragione quando dice che non è “facilmente migliorabile” quanto fatto dalla sua Juventus negli ultimi tre anni in Italia, ovvero vincere tre Scudetti a suon di record, dal primo da imbattuta al terzo dei (finora) 96 punti e 18 vittorie in casa su 18 partite. E ha ragione, Conte, a chiedere alla società un massiccio intervento sul mercato, sia in entrata che in uscita, per trovare nuove motivazioni, per aumentare la quantità e la quantità della rosa, e per continuare il progetto di crescita iniziato dal 2011.

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Dove Conte invece non ha ragione è quando dice che esiste un “handicap della storia che ci dice che la Juve deve essere competitiva pure in Europa”. No, caro Conte, la storia europea della Juventus non può essere considerata un handicap, ma deve, sottolineiamo, DEVE, rappresentare un punto di forza. Quando la Juve scende in campo in Europa, mettiamo a Copenaghen o in casa contro il Galatasaray, deve portare idealmente in campo tutto il suo palmares internazionale, costituito da undici trofei: due Champions League, due Coppe Intercontinentali, due Supercoppe Europee, tre Coppe Uefa, una Coppa delle Coppe e una Coppa Intertoto. E sappiamo bene quanto possa pesare, in certe circostanze, il peso della storia di un club, per mettere in soggezione gli avversari. Non è così quando si va a giocare al Bernabeu, fatte le debite proporzioni fra il palmares europeo del Real Madrid e quello bianconero? L’allenatore della Juventus dovrebbe essere capace di utilizzare la storia internazionale del suo club come una risorsa, non come un handicap.

Il punto, infine, sul quale nessuno tranne Conte ha voce in capitolo è quello esplicitato dal tecnico campione d’Italia con queste parole: “Devo capire se ho la forza per andare avanti”. Un’apertura onesta e appassionata, un interrogativo al quale solo lui, ovviamente, può dare una risposta. Ma se la risposta sarà “sì”, la frase da tenere a mente subito dopo sarà sempre la stessa, l’editto di Giampiero Boniperti: “Vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta”. Anche in Europa, caro Conte, perché l’Atletico Madrid e il Borussia Dortmund nelle ultime due stagioni hanno dimostrato che si può fare tanta strada anche con fatturati e spese di mercato diverse da quelle degli sceicchi.

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