di Miriam Vicinanza
Ora l’abbiamo scoperto: non solo Carlo Tavecchio non conosce le buone norme dell’esprimersi in pubblico, cosa da cui è scaturita la tristemente famosa espressione sui calciatori africani “mangia-banane”. Ma non conosce nemmeno la storia. Anzi, proprio non ha idea di cosa parla.
Tant’è che il nostro, ai microfoni di Radio1, ieri ha tranquillamente detto, vestendo i panni della vittima: “L’assassino di John Kennedy non ha subito quello che ho subito in questi giorni”.
Ah no? E perché? Tavecchio, in questi giorni, invece di essere solo spernacchiato è stato impalato? E’ stato scuoitato vivo? E’ finito in uno di quei pentoloni dei cannibali delle barzellette per essere divorato, dimostrando così che gli africani non mangiano solo banane? No. L’incompreso benefattore Tavecchio è vivo e vegeto, aggrappato alla poltrona da lui tanto agognata che non mollerebbe nemmeno se glielo chiedesse il Papa.
Quello che Tavecchio ignora è che il (presunto) assassino di Kennedy, Lee Harvey Oswald, fu assassinato due giorni dopo l’omicidio del presidente mentre dalla centrale della polizia di Dallas veniva trasferito nella prigione della contea. Il suo killker si chiamava Jack Ruby, altra persona che si è portato nella tomba i segreti di quella congiura.
Ma che ne sa Tavecchio? Prima di paragonare le sue pene a quelle dell’assassino di Kennedy non dico studiare, ma una ripassatina a un bignamino no? Evidentemente no, troppo complicato.
Magari per Tavecchio Dallas non è una città del Texas ma un calciatore greco che ha militato, tra le altre squadre, nella Roma. Un mangia-souvlaki arrivato da noi senza licenza. Qualcuno spieghi al presidente in pectore la differenza tra Dellas e Dallas. E tra lui e Oswald. Ma dolcemente, altrimenti magari si spaventa, come quando vede un africano mangiare banane.