La triste storia di Streltsov: il Pelé russo‏

Attaccante moderno e protagonista assoluto del massimo campionato sovietico a soli 16 anni, a 17 era già in nazionale [Tino Tellini]

La triste storia di Streltsov: il Pelé russo‏
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1 Agosto 2015 - 16.02


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di Tino Tellini

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Che cosa successe la notte del 25 maggio 1958 nella dacia russa del generale Karakhanov? Probabilmente non si saprà mai, di sicuro venne stroncata la carriera del diciottenne attaccante della Torpedo Mosca Eduard Streltsov, accusato e poi condannato dalla giustizia sovietica per stupro nei confronti della giovane Marina Lebedeva. Quasi tutti in Russia (anche attualmente) sostengono che sia stato mandato in un gulag un innocente, e che quell’imputazione infamante venne montata dal KGB per punire il giovane talento da un grave insulto che in quella festa avrebbe rivolto alla figlia dell’unico membro femminile del Politburo sovietico: Yekaterina Fursteva. Avrebbe etichettato la sua giovanissima figlia, davanti a tutti, col nome di “scimmia”. Uno sgarro terribile per la nomenclatura, già notevolmente infastidita per gli atteggiamenti stravaganti del giovane Streltsov, un talento calcistico eccezionale, ma dedito ad andare spesso a donne, ad alzare il gomito e a partecipare a risse nei locali. Pochi giorni dopo Eduard Streltsov avrebbe dovuto partecipare ai campionati del mondo di calcio in Svezia. Il Kgb promise al calciatore che l’avrebbe fatto giocare ugualmente, ma solo in cambio di una confessione dello stupro. Ingenuamente Eduard accettò e pochi giorni dopo, anzichè a Stoccolma in un campo di calcio, si ritrovò ai lavori forzati in una miniera della Siberia. Invano il Ct della nazionale tentò di convincere il potentissimo Kruscev a liberarlo, ma il numero uno del Cremlino di allora fu irremovibile. Di Streltsov si persero le tracce, fino al 1965, quando venne liberato in anticipo dalla polizia. Avrebbe dovuto infatti scontare altri sei anni. Streltsov era oramai debilitato, nella mente e nel fisico. Ricominciò tuttavia a giocare nella sua amata Torpedo, la squadra dell’industria automobilistica sovietica, sicuramente meno potente della Dinamo e del Cska di Mosca, le squadre del KGB e dell’esercito.

Ma chi era davvero Eduard Streltsov? Da giovane era un uragano, in campo e fuori. Divenne protagonista assoluto del massimo campionato sovietico a soli 16 anni, a 17 era già in nazionale. Calcisticamente era un attaccante moderno, un fenomeno dal gran fisico, velocissimo e assistito da una tecnica stupefacente. Era inoltre famoso per eseguire dei fantastici colpi di tacco, gesto che in Russia chiamano ancora ” lo Streltsov”. I critici sostengono che da giovane non avesse nulla da invidiare a Pelè e Di Stefano. Lo Streltsov che venne liberato dalla prigionia era un uomo ed un calciatore totalmente diverso, malinconico e amareggiato. Non parlò mai a nessuno della vicenda dello stupro, se non in punto di morte alla moglie, professandosi completamente innocente. Tuttavia anche nella maturità regalò ai tifosi della Torpedo splendide stagioni, facendo vincere alla squadra il suo secondo scudetto. Anche in nazionale, nonostante fosse nettamente più lento di prima, regalò mirabolanti giocate. Con la mitica maglia rossa della “CCCP” dal 1954 al 1968 disputò 38 partite siglando 25 reti, uno dei migliori marcatori di sempre, anche se nel 1966 il Kgb non lo fece partecipare ai campionati del mondo in Inghilterra. Nel 1970 Streltsov smise di giocare e da allora fece una vita molto ritirata insieme alla famiglia, mal tollerato dal potere, che diffidò sempre di lui. Nel 1990 la morte, a soli 53 anni, per un tumore alla gola, probabilmente dovuto alla polvere della miniera siberiana. Ma di Eduard Streltsov in Russia e nel mondo si parla ancora: poteva davvero essere uno dei più grandi giocatori della storia. Maledetta la nefasta notte in quella dacia, che sarà sempre avvolta da un mistero insoluto.

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