Il passato e il tifo di Mihajlovic per la Lazio semi-oscurato dai media: è polemica

Tifosi della Lazio amareggiati e infuriati per il racconto di molti media che hanno annacquato il rapporto di Mihajlovic con la Lazio e il mondo laziale che è stato centrale per un calciatore e allenatore che pure è stato ammirato da tante tifoserie

Il passato e il tifo di Mihajlovic per la Lazio semi-oscurato dai media: è polemica
Sinisa Mihajlovic
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18 Dicembre 2022 - 15.25


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Sinisa Mihajlovic quand’è arrivato in Italia è andato a giocare subito con. la Roma, per poi passare alla Sampdoria e poi alla Lazio prima di chiudere la carriera da calciatore all’Inter.

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Quando è arrivato alla corte della Lazio di Cragnotti Mihajlovic non era certamente uno sconosciuto. Ma i suoi anni d’oro sono stati quelli della ‘grande’ Lazio di Cragnotti che vinse lo scudetto e consacrò lui come uno dei principali artefici di quel risultato storico, per quanto quella Lazio fosse piena di campioni.

Un legame così forte con la Lazio e i suoi tifosi che ha fatto sì che negli anni successivi, quando pure ha allenato tante squadre diverse, dal Bologna al Catania, alla Fiorentina, al Milan, al Torino e alla Sampdoria (oltre alla nazionale della Serbia) ha sempre pubblicamente detto di essere un tifoso della Lazio. Talmente tifosi che il grintoso guerriero Mihajlovic era perfino arrivato a dire che da allenatore odiava perdere, ma se perdeva con la Lazio la cose gli dispiaceva un po’ meno.

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Non solo: ogni volta che Mihajlovic è tornato da allenatore avversario all’Olimpico (prima e dopo la malattia) per lui erano ovazioni e cori, il più gettonato dei quali “E se tira Sinisa è gol’, nel ricordare che MIhajlovic è stato a memoria il più corte e temibile battitore di punizioni della storia del calcio italiani e probabilmente non solo.

Ma dopo la morte, incredibilmente o forse non incredibilmente, questa parte significativa della vita sportiva di Mihajlovic è finita più che in secondo in terzo piano nei racconti dei media principali, tanto da suscitare amarezza e polemiche in gran parte della tifoseria biancoceleste.

Se ne è fatta interprete l’associazione Lazio e Libertà, da tempo impegnata nel tutelare l’immagine della società sportiva Lazio e dei tifosi della Lazio dallo stereotipo (spesso alimentato con malizia chirurgica dei media) della Lazio e i suoi supporter come un insieme di fascisti e razzisti, sopratutto in presenza di altre tifoserie che in tema di fascismo e razzismo da anni fanno di peggio ma mediaticamente la passano quasi sempre liscia.

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Ha scritto Lazio e Libertà in una nota: ” Sinisa Mihajlovic ha giocato per sei anni nella Lazio vincendo quasi tutto, è stato Il simbolo vivente della Lazio di Cragnotti che a cavallo dei due millenni era una corazzata fortissima. Ed è rimasto per sempre laziale, qualunque squadra sia andato ad allenare. Ebbene, alla luce di questa evidenza fattuale, il quotidiano La Repubblica ha avuto ieri il potere acrobatico di espungere questo dato incontestabile dalla “cucina” della sua homepage, in cui si poteva leggere della sua importante esperienza sampdoriana e di altre fondamentali tappe della sua gloriosa carriera eppure – incredibile dictu – non trovava alcuno spazio la pagina più importante della sua vita sportiva. Aveva invece un grande risalto una sua foto affettuosa con Totti, il pupone nazionalpopolare buono a ogni bisogna. 

La Gazzetta non era da meno: in un lungo pezzo in continuo aggiornamento vi erano le parole di cordoglio di Roberto Mancini e di Fabio Capello (oltre all’ immancabile pupone di cui sopra, ca va sans dire), ma pure qui veniva forzosamente espunto il capitolo più importante, e non solo da un punto di vista sportivo: Sinisa ha sempre dichiarato che perdere gli da sempre fastidio ma perdere contro la Lazio gli dispiace di meno. Eppure anche sulla rosea si faceva fatica a trovare traccia di questa verità acclarata. Anzi no qui la Lazio c’era, ma solo per ricordare la pagina più buia della carriera di questo straordinario atleta, quella degli epiteti razzisti. 

Oggi il refrain non cambia: nella cronaca romana di Repubblica l’amore di Mihajlovic per la Lazio diventa un generico amore per la città di Roma, dove – con shift semiotico intellettualmente disonesto – la città di Roma diventa sic et simpliciter la asroma, messa in risalto grazie a una fotografia che lo vede speciosamente seduto sulla poltroncina giallorossa dedicata agli allenatori della squadra ospite. Infine, affinché il sordo e pertinace lavorio di propaganda subdola sia più pervasivo, si chiarisce in didascalia che quella, sempre l’asroma, è la squadra che Sinisa avrebbe potuto – e, si capisce, sotto sotto voluto – allenare. 

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Avrete notato che nel salutare questo meraviglioso atleta nel nostro post di ieri noi abbiamo volutamente evitato di usare la volgarità di rivendicare l’appartenenza sportiva, optando per una generica foto che lo ritrae mentre ci regala uno di quei suoi bellissimi sorrisi solari; perché in un momento così tragico ci è parso piccino pensare meschinamente alle attribuzioni di bottega. 

C’è invece chi in città, e non solo, accecato da una hybris da onnipotenza conformista, da una fede rigorosamente monoteista stile “non avrai altro Dio al di fuori di me” e, insomma, da un’inguaribile complesso di superiorità, non si perita di rispettare neppure fatti così tragici per ribadire il proprio sciacallaggio mediatico. Il totalitarismo intellettuale della reductio ad unum, oppure – per restare in lingua – della conventio ad excludendum di una narrazione che seguita ad associare ogni connotazione negativa a certi colori, occultando sistematicamente i casi in cui accade l’inverso. E inducendo chi legge e chi guarda, e non sia tutto compreso di faziosità, a un sentimento di avvilito sgomento. 

Di fronte a un fatto così tragico non avremmo mai voluto scrivere queste righe, ma la patetica, rivoltante, furbizia di certi trucchetti comunicativi è talmente evidente a chi la vuol vedere che non può rimanere impunita. Anche se sappiamo bene che i tanti signori colla sciarpetta nascosta sotto alla cravatta continueranno a fregarsene, come se ne fregano della deontologia professionale e del decoro che si dovrebbe addire a un lutto

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