Stazione Termini domenica pomeriggio intorno alle 16, una follia la mia, la follia di una napoletana che si emoziona per poco che vive senza risparmiarsi, una napoletana che sorride quasi sempre, colorata e preferibilmente di turchese e le sue sfumature con qualche eccezione per il fucsia e lo shocking, una napoletana che canta e balla ovunque, che allucca spesso (trad. urla, strilla), una napoletana che da tanti anni non vive più in quella città magica, che da mesi, anzi da anni è ritornata a brillare, ad affascinare turisti e curiosi, ma che è anche una delle città più invidiate.
Un unicum al mondo, una Capitale europea, prima di molte altre, una città dove insieme al profumo del mare si respira la storia, l’inclusione e la genialità, dolore e nostalgia, una città che non smette di stupire, una città fatta di magia, di esoterismo, di sacro e profano e di emozioni. La città della luce che riesce ad illuminare i vicoli, che riesce a rendere affascinanti i cimiteri e le capuzzelle, la città dai mille colori e mille sapori.
Passeggiando per i Quartieri Spagnoli l’odore delle pescherie, si fonde con quello delle friggitorie, del caffè e delle cucine etniche dalle mille spezie e poi su tutti l’odore del bucato fresco steso tra i fili dei balconi e delle abitazioni con affaccio sulla strada, quell’odore che non ti fa pensare alle case sgarrupate e a qualche abuso edilizio. La città che ti abbraccia e che lo fa con sincerità, la città che festeggia ogni cosa, la città che trasforma uomini e donne in miti, una città pagana, una città che ti porta in cielo ma che se tradita ti fa cadere negli inferi con grande rapidità. Una città che ha bisogno di credere, di sognare e di amare, una città che anche quando ti imbroglia ti regala un sorriso, magari amaro.
Napoli, la sirena Partenope, il Vesuvio e mille altre leggende che sono favole per ogni nato a Napoli, compagni di viaggio in un mondo metafisico, che supera l’immaginazione e che alimenta i sogni e le speranze di chi il mare non lo ha mai visto seppur sentendone l’odore. Quella città che sforna talenti e fenomeni, che canta e balla quando dovrebbe piangere, che conserva la memoria di personaggi che sono passati per un minuto insieme a quelli che ci hanno vissuto. La mia Napoli che faceva arrabbiare mio padre, che tanto la amava e tanto la odiava, lui che mi ha insegnato che la bellezza di essere nata a Napoli mi avrebbe accompagnata per tutta la vita, anche nei tanti luoghi in cui ho vissuto e viaggiato, con il suo tono canzonatorio mi diceva cercherai sempre di vedere il mare ed allora se non ci fosse, Tiziana, “immaginalo”. Napoli la porti con te, la custodisci come il bene più prezioso e quando qualche notizia di nera la rende indifendibile, ti rende così orgogliosa da difenderla ad oltranza pur sapendo che stai sbagliando.
Quando all’estero ti capita di dire che vieni da Napoli..e qualche fesso ti risponde “ ah da Gomorra”, ti allontani perché il primo istinto è urlare come Rosa Ricci ( Mare Fuori) ma non sarebbe né compreso né apprezzato. E allora riprendo il racconto, sei alla Stazione Termini, e sei scaramantica, quasi quanto tuo padre, sino al fischio della partita non fai il biglietto, ma in silenzio gioisci per il gol del Napoli …ma la Salernitana pareggia e allora sotto la pioggia torni a casa convinta a fare una strage, con il cellulare che ti avvisa di messaggi sulla delusione e la festa rimandata, chi ti aveva data della pazza ad andare ti chiama addolorato….con la voglia che è solo rimandata di piangere di gioia alluccando a squarciagola “ Sarò con te..tu non devi mollare..abbiamo un sogno nel cuore..Napoli torna Campione”; esco da Termini con un dolore davvero grande, piove a zeffunno (trad. sino a sommergere, un diluvio) e allora scema anche la voglia di andare a piedi magari mangiando un dolce o a comprare l’ennesima camicia azzurra da Zara, salgo su un taxi e cosa mi dice il conducente. “E’ della Lazio? “-Rispondo contenendomi “Nooo!!Sono del Napoli la prego sono nervosa è meglio parlare di altro” , lui cercando di non urtare i mei nervi mi dice “ L’ho vista tutta vestita di azzurro , allora ho pensato”… e da lì per dieci minuti non proferisco parola perché sono impegnata a chattare e soffrire. La festa è rimandata, la festa continua alla faccia di chi spera di fiaccare un entusiasmo incontenibile, una gioia che basta a far dimenticare i lati oscuri della città, quelle cose che tutti tendiamo a rimuovere, perché ogni occasione è una speranza a cui Napoli si aggrappa.
È la città dei miracoli veri e agognati, è la città che il teatro, il cinema, la canzone, la letteratura e l’arte portano nel mondo, quella creatività che non si ferma mai. Quel colpo di genio che mi ha fatto fare le paste cresciute e la frittata di maccheroni in Iran, gli gnocchi in Ladak a 4500 metri, quella voglia di essere felici che non ci abbandona mai. Sì, un po’ di invidia è comprensibile, perché le tragedie ci hanno reso più forti, le dominazioni sono state opprimenti ma ci hanno anche permesso di parlare mille lingue e ci hanno resi pronti ad imparare e trasformare, ci hanno dato coraggio e ci hanno insegnato che l’altro non è sempre un nemico. La Napoli che oggi invade giornali, social e stampa è la Napoli dei quartieri e delle periferie ma anche dei “chiattilli” (trad. figli di papà, della Napoli bene) e dei quartieri della borghesia partenopea, è la Napoli che in miezz’a via (trad. per strada) parla la stessa lingua e canta le stesse canzoni. Se ieri non abbiamo vinto, dopo la delusione siamo tornati a pensare alla prossima, è forse questa la grandezza di Napoli, un misto di illusione e speranza, una miscela di dolce e di amaro, quell’eterno sacro e profano che giocano una partita eterna in una squadra composta da San Gennaro, Maradona, Pino Daniele, Eduardo De Filippo, Totò, Sofia Loren, Masaniello e tanti altri (non cito i viventi).
Ma vivere di speranze, di bellezza e di illusioni, spesso non basta ma quest’anno anche chi non sempre sorride ha ritrovato la voglia di sorridere alla vita perché basta poco per recuperare la felicità. La ricerca della felicità è più facile a Napoli, a me, ad esempio, basta scendere la cupa e trovarmi sul mare e respirare, guardare le onde e gli scogli, passeggiare con alle spalle Mergellina e guardare la collina ed il suo presepe vivente e puntare verso il Caste dell’Ovo e il Vesuvio, e allora mi raggiunge una gioia incredibile ed un senso di appartenenza davvero complicato da spiegare.
Napoli ha i suoi mille problemi, ha ancora un grande bisogno di legalità, deve ancora lavorare sul folklore, deve modificare la mentalità dell’eterna emergenza e straordinarietà, deve smettere di contare sugli aiuti e sulla sudditanza da interventi risolutivi, Napoli ha i suoi endemici problemi ma trovatela un’altra città che sappia inventare un altro mondo, trovate un luogo dove una piazza in mezzo a i vicoli dei Quartieri spagnoli diventa un palcoscenico di gioia e di spettacolo, dove i rapper si inventato momenti di puro spettacolo gratuito e questo in pochi mesi, trovatela una città con un panorama così, trovatela una città dove il cibo ti rende felice , trovatela una città in cui la felicità è il primo comandamento, trovatela una città che è campione di accoglienza e curiosità, trovatela un’altra Napoli.. io lo ho cercata in giro per il mondo… e allora citando un altro grande come Luciano De Crescenzo :”Dovunque sono andato nel mondo ho visto che c’era bisogno di un po’ di Napoli.