di Francesco Tomei
Il razzismo negli stadi, come nella vita quotidiana di tutti i giorni, è una piaga difficilmente estirpabile se non con un lungo lavoro di educazione ed esperienza condivisa. La scena di una padre che fa il verso della scimmia insieme al figlio è piuttosto comune sugli spalti italiani ogni domenica.
Comune, non maggioritaria.
L’ultima decisione del giudice sportivo, che ha imposto la chiusura dell’intero settore Nord dello stadio Olimpico della Lazio (curva ed entrambe i distinti), è solo l’ultima delle cervellotiche decisioni per provare – ipocritamente – ad arginare il fenomeno del razzismo. Le punizioni collettive sono vietate dal diritto internazionale, ma nel calcio nostrano sembrano essere la classica panacea per tutti i mali.
E in effetti, quale miglior soluzione del ‘nascondere’ gli idioti e i razzisti nell’enorme e astratta moltitudine degli ‘innocenti’, con i quali condivideranno la sanzione? Gli strumenti per colpire il comportamento del singolo esistono, ed esistono da almeno un decennio.
La deriva orwelliana della società sembra non scalfire il mondo del calcio, che nonostante biglietti nominali e telecamere issate su ogni supporto libero all’interno dello stadio, non è in grado (o non ha voglia) di punire i razzisti.
Il provvedimento in questione, che impedirà ai tifosi del settore Nord dell’Olimpico laziale di andare a vedere Lazio – Napoli, racconta una cosa non vera: parla del 90% dei tifosi dediti ad ululare nei confronti di Lukaku, durante l’ultimo Derby. Una cosa non vera, per l’appunto, utile solo a giustificare una punizione collettiva che non serve a nulla.
E non succede solo alla Lazio, ma a praticamente tutte le squadre di A.
Se di punizione collettiva vogliamo parlare, una soluzione sarebbe quella di togliere punti alla squadra tifata dai razzisti in questione. A quel punto, l’idiota sarebbe costretto a scegliere tra la propria ‘libertà di pensiero’ e l’amore per il proprio club. Ma le soluzioni più logiche e intelligenti non appartengono al calcio italiano, che preferisce essere ipocrita e superficiale.