Se ne parla da settimane, e col passare dei giorni sembra proprio avvicinarsi il momento della resa dei conti nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti d’America. L’appuntamento, quasi una sfida tra due mondi che non riescono più a comunicare, potrebbe essere per il 16 giugno, quando i vescovi si riuniranno on line.
Guardando a quanto accade tra di loro si potrebbe avere la sensazione che in diversi siano indispettiti dall’idea di avere, per la seconda vota nella loro storia, un presidente che appartiene alla loro Chiesa. La vicinanza con il potere, si sa, può essere considerata pericolosa… Ma letto un po’ al riguardo dell’ansia con cui settori dell’episcopato americano propongono di votare già a metà mese per la predisposizione di un documento che indichi che il secondo presidente cattolico della storia degli Stati Uniti, Joe Biden, non sarebbe nelle condizioni di chiedere la comunione (partecipare alla mensa eucaristica), ci si fa l’impressione che il vero obiettivo sia un altro.
C’è un nome che aiuta a farsi questa idea: è il nome dell’ex nunzio vaticano negli Stati Uniti, quel monsignor Viganò che chiese le dimissioni di Francesco per il caso McCarrick, il cardinale che Francesco rimosse dal sacro collegio e poi dalla stato clericale perché accusato di abusi. Viganò sostenne che McCarrick era segretamente sottoposto a vincoli restrittivi della sua attività, che lo inibivano da molte attività. A queste attività però a volte partecipavano insieme, in un caso con pubblici attestati di stima da parte di monsignor Viganò.
Alcuni vescovi americani, stranamente, più che con il papa solidarizzarono con il suo accusatore. Tra i primo si nota l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore J. Cordileone, che immediatamente scrisse una lettera di apprezzamento per monsignor Viganò. E’ proprio lui che oggi appare in prima linea nel chiedere una linea dura contro il cattolico Joe Biden. Riporta gli Usa nei negoziati per il clima? Parla di giustizia sociale? Tutto questo all’arcivescovo interessa poco: per lui serve una linea ferma perché se è vero che i valori morali cattolici sono diversi, il preminente è il no all’aborto. Biden però non ha mai detto sì all’aborto, non ha mai sollecitato una donna ad abortire, ha votato sì alla legge che consente di scegliere. Il cardinale Joseph Ratzinger, al tempo Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, disse che un cattolico che intenda votare un candidato a favore della legge sull’aborto per altri motivi avrebbe diritto di farlo. Inoltre in un parere chiesto e ottenuto proprio dia vescovi americani sulla “coerenza eucaristica” sottolineò che i principi morali cattolici sono il no all’ aborto, il no all’eutanasia, la difesa della libertà religiosa, la difesa della famiglia, la protezione dei minori da forme di moderne schiavitù, la libertà religiosa, lo sviluppo di un’economia al servizio della dignità di ogni individuo, il rifiuto della violenza e la promozione della pace. Ecco perché i vescovi contrari a questa linea sostengono che l’idea di una preminenza dell’aborto sembra questione politica più che dottrinale.
Tra coloro che oggi sostengono la linea dura contro Biden si ritrovano altri estimatori di monsignor Viganò, come l’arcivescovo di Denver, Samuel Aquila, l’arcivescovo di Kansas City, Joseph Naumann, il vescovo di Phoenix, Thomas Olmsted, tutti convinti, almeno al tempo, dell’integrità del “grande accusatore”. Il National Catholic Reporter ha meritevolmente raccolto le loro posizioni sul caso Viganò e sul “caso Biden”ora.
E’ noto che un principe della Chiesa oggi santo, John Henry Newman, beatificato da papa Benedetto e poi canonizzato da Francesco, è diventato famoso per aver detto che ogni buon cattolico è fedele al papa, ma prima ancora alla sua coscienza. La libertà di coscienza per un politico non può voler dire essere contrari all’aborto, come ogni buon cattolico, ma votare per la legge che consente la scelta per evitare altre piaghe, ad esempio l’aborto clandestino?
Ma non c’è solo la libertà di coscienza a dare sostanza al dibattito che i vescovi vorrebbero svolgere on line, senza neanche vedersi di persona, tra il 16 e 18 giugno prossimi venturi. C’è ovviamente la supposta preminenza della questione dell’aborto, estranea alla dottrina perché renderebbe evidentemente tutto il resto meno grave. Ricordando il parere del 2002 il nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Ladaria, ha fatto presente anche l’urgenza di discutere per unire e non per dividere. Questo punto apparentemente bonario indica che la discussione tocca un convincimento di fondo, espresso infinite volte da Francesco: “l’Eucaristia non è il premio dei santi, ma il Pane dei peccatori” ha detto più volte, oppure l’ha definita “medicina per i peccatori”, o ancora – già nel 2015- ha ricordato che “l’Eucaristia non è un premio per i buoni, ma una forza per i deboli, un vincolo di comunione”. E’ il confronto tra la Chiesa missionaria, Chiesa in uscita, e la Chiesa identitaria, dove in ballo più che i propri valori c’è proprio la concezione di sé. Non è una discussione nuova: per Francesco il messaggio cristiano non può essere ridotto (la preminenza), decontestualizzando l’annuncio cristiano da ciò che gli dà senso e, per lui, bellezza. E’ il cuore dello scontro tra la sua visione e quella dell’ideologia neocon, ferma sul no all’aborto e il sì alle guerre preventive: ci sono casi in cui i fautori del no alla comunione per Biden risultano essere favorevoli alla pena capitale.
E’ interessante allora cercare di capire come vedano il mondo questi vescovi anti Biden o più probabilmente anti Francesco. Il luogo più indicato per riuscirci è il Napa Institute, del quale molti di loro sono animatori. Sul loro sito si può vedere tra gli ospiti d’onore della conferenza estiva il vescovo texano Strickland, contrario ai vaccini perché prodotti con cellule prese diversi decenni fa da feti abortiti. Di lì si può facilmente risalire a una televisione, EWTN, dove monsignor Viganò appare molto amato. Nel 2020 questa emittente televisiva ha ospitato il presidente Trump e premiato il suo ministro della giustizia, Barr, che reintrodusse la pena di morte federale, osteggiata dai vescovi e dalla dottrina della Chiesa. A lui fu conferito il premio Christifideles Laici.
Per Francesco invece “il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti […] Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo”.
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