E’ molto interessante la notizia pubblicata in questi giorni sul “ritorno” di Lenin, almeno sotto forma di statua, ad Henichesk, nell’Ucraina occupata dall’esercito russo. Ha scritto il Corriere della Sera: “Una statua dell’ex leader sovietico Vladimir Lenin è stata eretta di nuovo a Henichesk, una città ucraina occupata dalla Russia sul Mar d’Azov, nella provincia di Kherson, a pochi km a nord del confine con la Crimea annessa e circa 290 km a sudovest di Mariupol, dove il Cremlino sta cercando di organizzare un referendum per annettere la regione alla Crimea e dunque alla Russia.
A pubblicare su Facebook la foto della statua — che si trova davanti al palazzo del consiglio regionale della città, sul cui tetto è stata issata una bandiera russa — è stato un funzionario ucraino di Kherson, Yuri Sobolevsky. La statua originale di Lenin, davanti all’edificio del governo, era stata demolita su ordine del consiglio comunale il 16 luglio del 2015 nell’ambito della campagna di eliminazione delle vestigia dell’era sovietica nel Paese. Adesso il monumento è nuovamente comparso al centro della città”.
Questa notizia va capita leggendo una nostra stranezza? Non siamo tutti più o meno contro la “cancel culture”? O ci si indigna solo per le statue di Cristoforo Colombo abbattute? Il fatto sembra oggettivo, ma non lo è.
Il regime di Putin infatti si proclama anti-leninista, ha incolpato il leader bolscevico della stessa esistenza dell’Ucraina, che per lui invece non esiste. E allora perché i suoi proprio in Ucraina ripropongono una statua di Lenin? Non credo sia contrarietà alla “cancel culture”. Vuoi vedere che quella statua serve a indicare una necessaria continuità con la Russia, dove in ogni città- tolta la vetrina turistica di Mosca, dove rimane solo il mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa, che non è poco però- ancora oggi c’è una statua di Lenin nella piazza centrale o alla fine del viale principale a lui intestato come è sempre stato ai tempi sovietici? Potrebbe essere. Quando ho attraversato la Russia, da Mosca a Vladivostok, ho visto proprio questo spettacolo: il centro di ogni città dove mi sono fermato è ancora dominato da un viale e una piazza intestati a Marx e Lenin, e la statua cittadina è ancora per Lenin, sempre, ovunque. Lo si può vedere con cappotto, senza cappotto, mentre saluta, mentre marcia, col berretto, senza berretto. Tutto si può fare tranne non vederlo. La cancel culture in Russia nel ventennio putiniano proprio non deve essersi vista. Anche noi a Roma abbiamo ancora l’obelisco Mussolini, ma Littoria – così chiamata quando venne fondata nel 1932- si chiama Latina, e molto altro è cambiato. Allora che tipo di ideologia guida Putin?
Nel suo famoso discorso alla grande manifestazione moscovita per la vittoria, quella nello stadio riempito di impiegati pubblici portati lì con le buone o con le cattive, lo zar non ha citato Lenin, ma il Vangelo secondo Matteo, cercando chiaramente di farne una strumento di mobilitazione militare e miliziana. Si potrebbe pensare a un Putin riguardoso della storia, con le statue di Lenin, e della tradizione, con il richiama al Vangelo. Ma io non credo che sia così. Infatti c’è un altro tratto putiniano che spicca, la sua simpatia per tutti i leader politici nazionalisti o ultra nazionalisti europei. E questo sembra poco evangelico, e poco leninista pure!
Si arriva così a pensare che la miscela esplosiva che lo zar padroneggia è molto chiara, e incendiaria: l’unione dei radicalismi, dei fondamentalismi, contro il progetto pluralista europeo. A me sembra che Putin abbia colto il punto debole del nostro momento politico: la globalizzazione arranca, gestita solo in nome della grande finanza rende molti scontenti perché non si ha la capacità di riformarla: l’integrazione europea così non trova il modo di diventare efficace, e allora lui unisce il fondamentalismo identitario religioso, l’estrema destra nazionalista e l’estrema sinistra contestaria in una sola grande armata, contro la timida, problematica e arrancante ricerca riformatrice europea.
Se l’Europa saltasse salterebbe il tappo al suo espansionismo nell’area ex-Sovietica, salterebbe lo spettro di un grande soggetto economico con il quale dover fare i conti, lui tornerebbe a parlare con staterelli in ovvio attrito tra di loro, e quindi incapaci di imporgli di venire a patti con le richieste di libertà, riforme e democrazia avanzate dai russi.