C’era un tempo in cui tutti i leader parlavano di Ucraina. Ora, almeno per quanto riguarda l’Italia, sembra essere rimasto solo Papa Francesco a ricordarsi e ricordarci della guerra. Le furie belliciste e le smanie pacifiste di molti sono uscite dai radar. L’urgenza di mettere a soqquadro il quadro politico non c’è più, soprattutto per chi sentiva con tanta impellenza l’urgenza di favorire la pace, senza dire come però. Francesco invece non ha avuto e non ha questa stravagante distrazione dalla realtà.
Lui potrebbe andarci nelle prossime settimane a Kiev, visto che il recente incontro con l’ambasciatore ucraino serviva proprio a programmare, definire questo nuovo viaggio apostolico di Francesco. Come è noto il papa vuole andare a Kiev prima di recarsi a metà settembre in Kazakhstan, in occasione della settimana edizione dell’incontro mondiale dei leader delle religioni tradizionali, dove potrebbe incontrare il patriarca russo, Kirill. Nonostante le sue condizioni fisiche il viaggio, se si potrà realizzare, lo vedrà giungere a Kiev in treno.
Ma il pensiero del papa rimane costante, non solo sul versante diplomatico. “Sto facendo tutto quello che posso per l’Ucraina. Stiamo vivendo una crudeltà”. E’ quanto ha scritto ancora oggi a suor Teresina Longo di Erice, che accoglie 20 bambini evacuati con un volo umanitario dall’Ucraina e che ha ricordato al papa il dramma di Mariupol, della popolazione lì intrappolata o incarcerata dai russi. Il papa fa quello che deve fare, oltre che quello che può. Nessun merito speciale per lui. Piuttosto sorpresa per il fatto che la guerra sembra uscita dai radar di un ceto politico preso da altro. Lo stesso caro bollette non ha portato a galla tante considerazioni, o autocritiche, sulla scelte di dipendere da un solo produttore compiuta negli anni o passati.
Neanche le ingerenze moscovite nella nostra campagna elettorale sembrano aver scosso i più, compresi i possibili destinatari. La preoccupazione che la collocazione italiana desta in Europa, nella Nato e nel mondo non risulta per tutti un tema prioritario. E così a parlarci di ciò che accade in Ucraina sembra rimasto solo Francesco.
Il papa oggi ha mandato un messaggio molto importante per l’apertura del Meeting di Comunione e Liberazione. Cosa dice di afferente alla guerra? Molto semplicemente che il compito dei cristiani è “condivisione e vicinanza”. Con tanti proclami basati sul “credo”, sulle radici cristiane e cose così, un po’ di condivisione e vicinanza c’è in giro in questa strana campagna elettorale, soprattutto tra chi afferma di guardare al mondo della fede con attenzione e interesse? Guarda un po’ che strano… La guerra e il Covid emergono proprio in questo messaggio così: “ La fragilità dei tempi in cui viviamo” è anche “credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva” ed è “anche l’aspetto più penoso dell’esperienza di tanti che hanno vissuto la solitudine durante la pandemia o che hanno dovuto abbandonare tutto per sfuggire alla violenza della guerra.” Ma di questo, del Covid come della violenza della guerra a due passi da noi, si sente così poco da sembrare argomenti rimossi, non quelli sui quali è prioritario chiarire il proprio messaggio, per indicare la propria identità.
Ha scritto il sito della Santa Sede a commento del messaggio di Francesco a un meeting così frequentato dai politici, di destra e sinistra: “Chi crede è chiamato ad avere lo stesso sguardo, la stessa passione di Cristo, che ha amato ciascuno senza nessuna esclusione: un amore gratuito, senza misura e senza calcoli.” E infatti Francesco sembra cogliere il punto che emerge da questa distanza tra la sua visione del mondo, basata sulla fratellanza, e quella che sembra percepirsi in queste ore: “la strada della fraternità non è disegnata sulle nuvole, ma attraversa i tanti deserti spirituali presenti nelle nostre società”. Per affrontare i temi veri dei deserti spirituali che sono presenti in questa Italia smarrita e distratta non servono sermoncini, ma un nuovo rapporto con la realtà, quella “reale”.
Ecco che il realismo bergogliano sembra in un altro passaggio proprio un realismo attento al caso italiano: “Quanto bisogno hanno gli uomini e le donne del nostro tempo di incontrare persone che non impartiscano lezioni dal balcone, ma scendano in strada per condividere la fatica quotidiana del vivere, sostenute da una speranza affidabile!”.