Con la spiritualità possiamo bucare la rigidità degli algoritmi e l'omologazione

Ai nostri giorni si avverte una grande paura del cambiamento perché non sappiano tollerare l’incertezza. Preferiamo l’usato sicuro, i soliti modi di fare le cose. Questo ci rassicura, ci dà l’impressione che la realtà sia sotto controllo.

Spiritualità
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Antonio Spadaro Modifica articolo

17 Marzo 2024 - 13.25


Ai nostri giorni si avverte una grande paura del cambiamento perché non sappiano tollerare l’incertezza. Preferiamo l’usato sicuro, i soliti modi di fare le cose. Questo ci rassicura, ci dà l’impressione che la realtà sia sotto controllo.

D’altra parte, però, è anche vero che si parla troppo spesso e superficialmente della necessità di cambiare: è diventata una moda, alla quale ci stiamo abituando. E si inventano slogan, simboli, proclami. Si fa pubblicità col cambiamento.

Ma che cosa significa davvero «cambiare», fare cose nuove, innovare? 

Una interessante definizione di innovazione è quella data da un grande imprenditore italiano, Piero Bassetti: «la realizzazione dell’improbabile».

Siamo troppo legati agli schemi e alle statistiche e non siamo capaci di aprirci a due atteggiamenti che per Papa Francesco sono fondamentali: l’inquietudine e il genio.

Spesso il Pontefice si è scagliato contro la rigidità del pensiero binario (pro o contro, bianco o nero…) che non riesce a farci comprendere la complessità delle situazioni. Oggi la rigidità è favorita dalla paura e dagli algoritmi.

Oggi – in piena crisi dell’ordine mondiale sconvolto dalla terza guerra mondiale a pezzi e dell’ordine mentale sconvolto dall’Intelligenza Artificiale – dobbiamo aprirci a ciò che non sappiamo, a ciò che non sappiamo di non sapere e che le macchine non sono in grado di restituirci con i loro algoritmi. Dobbiamo bucare l’algoritmo e l’omologazione.

Se un tempo alla domanda «Chi sono io?» si rispondeva con opere come le Confessioni di Agostino, oggi si risponde con un selfie. Occorre recuperare la distanza tra lo spirito e il selfie.

Le statistiche ci dicono che oggi non dedichiamo più tempo a sufficienza al senso del «sacro» inteso come «altrove», una forma di trascendenza… che invece è il campo della gratuità, dell’ispirazione, dello spirito. Ritrovare il tempo per frequentare la spiritualità, significa provare a vedere le cose in maniera differente, darci la possibilità di pensare soluzioni nuove, provare a cambiare il nostro mondo.

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