Francesco spiega che per raggiungere la pace la nostra identità non deve essere un idolo ma uno spazio ospitale

Cuore e crocevia, questo rappresentano per papa Francesco il Lussemburgo e il Belgio. Sono Paesi al cuore dell’Europa e delle sue Istituzioni comunitarie, soci fondatori di quella che è oggi l’Unione europea.

Francesco spiega che per raggiungere la pace la nostra identità non deve essere un idolo ma uno spazio ospitale
Papa Francesco
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padre Antonio Spadaro Modifica articolo

30 Settembre 2024 - 19.49


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Cuore e crocevia, questo rappresentano per papa Francesco il Lussemburgo e il Belgio. Sono Paesi al cuore dell’Europa e delle sue Istituzioni comunitarie, soci fondatori di quella che è oggi l’Unione europea. Questi Paesi sono stato segnati dalle «più rilevanti vicende storiche europee». Possono essere considerati icone di un presente complesso e di una Europa che vive conflitti irrisolti. Parlando ai lussemburghesi, Francesco ha riconosciuto che nei luoghi di confine «tra potenze che confliggono» si scaricano a terra le tensioni. 

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Parlando del passato, ha parlato del nostro presente nel quale le logiche dei «blocchi» si stanno scaricando nei confini orientali del Vecchio continente. Ha parlato così della necessità di «trattative» e di un «lavoro diplomatico» che ponga fine ad «avventure dai costi umani immensi» che stanno rinnovando «inutili stragi». Siamo all’«impazzimento della ragione», ha esclamato: «siamo vicini alla guerra – e ha proseguito dopo una pausa di silenzio – quasi mondiale». Non c’è altro orizzonte praticabile oggi che «oneste trattative in vista della soluzione dei contrasti, con l’animo disposto a individuare onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace».

Francesco, dunque, ha scelto due piccoli Paesi centrali come «luogo ideale, quasi una sintesi dell’Europa, da cui ripartire per la sua ricostruzione, fisica, morale e spirituale». E l’unico modo per venir fuori dal pantano è quello di imparare a «fare della propria identità non un idolo o una barriera, ma uno spazio ospitale» alla ricerca di nuovi equilibri.

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Oggi abbiamo disperato bisogno di qualcosa che abbiamo perso: di uno «spazio ospitale». Non un’utopia, ma un progetto comune.

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