Territori, aumentano demolizioni case palestinesi

Demolizioni di case ed espulsioni dei residenti palestinesi sono ormai all’ordine del giorno in Cisgiordania. Lo rivela il nuovo rapporto dell’Ocha.

 un palestinese accanto alla sua abitazione distrutta dalle ruspe
un palestinese accanto alla sua abitazione distrutta dalle ruspe
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23 Luglio 2011 - 16.03


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di Emma Mancini

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Il report dell’Ocha, basato sulla visita di tredici comunità palestinesi in Area C, registra nel 2011 un incremento preoccupante nel numero delle demolizioni delle abitazioni in Area C, circa il 60% della Cisgiordania che secondo gli accordi di Oslo è sotto l’esclusivo controllo militare e civile israeliano: da gennaio ad oggi l’esercito dello Stato di Israele ha raso al suolo 342 abitazioni di proprietà palestinese, obbligando 656 persone (tra cui 351 bambini) ad abbandonare le proprie case. Un dato record, cinque volte più alto di quello raggiunto nei primi sei mesi del 2010.

A ciò si aggiungono altri tremila ordini di demolizioni pendenti contro abitazioni private ed edifici pubblici, tra cui diciotto scuole. Secondo il report, se tali ordini si concretizzassero, trasformerebbero migliaia di palestinesi in dei senzatetto.

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Restrizioni al movimento, divieto di costruire nuovi edifici, violenze e intimidazioni da parte dei coloni stanno provocando tra i residenti palestinesi il cosiddetto “quiet transfer”, l’abbandono silenzioso delle proprie terre: molti si spostano dai villaggi in Area C alle zone più popolose in Area A, sotto il controllo palestinese. E finiscono per restare invischiati in alti tassi di disoccupazione e nella mancanza di servizi pubblici adeguati ad un simile incremento della popolazione.

“Il reale obiettivo che sta dietro le politiche israeliane in Area C non è chiaro – ha detto il coordinatore dell’Ocha, Maxwell Gaylard – ma l’effetto è concreto: rendere impossibile lo sviluppo delle comunità palestinesi. Stanno compiendo un make-up etnico dell’Area C”. Tanto è vero che in questa zona della Cisgiordania, dove i coloni ottengono facilmente permessi di costruzione e ampliamento degli insediamenti, gli israeliani sono diventati il doppio dei palestinesi: 300mila contro 150mila. Se a ciò si aggiunge che occupano la grande maggioranza delle terre coltivabili e controllano le principali vie di comunicazione, si comprende bene come uno sviluppo economico stabile sia impossibile da raggiungere in Cisgiordania.

Qualche esempio? Maxwell Gaylard e il collega David Hutton, direttore dell’Unrwa (Un Relief and Works Agency for Palestinian Refugees) hanno fatto visita a Khan Al Ahmar, villaggio beduino alla periferia di Gerusalemme. Minacciato da due imponenti colonie israeliane, Ma’al Adumim e Kfar Adumim, che si stanno espandendo a scapito delle terre palestinesi, è oggetto di demolizioni continue e doppie rispetto allo scorso anno. E mentre altre 250 strutture hanno ricevuto l’ordine di demolizione, la scorsa settimana il villaggio si è visto recapitare quattro nuovi divieti a costruire da parte delle autorità israeliane: i palestinesi non possono edificare sulle propria terra nuove abitazioni.

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Un caso non isolato: i residenti palestinesi hanno il divieto categorico di costruire in circa il 70% dell’intera Area C, mentre il restante 30% è sottoposto a restrizioni tali che rendono quasi impossibile l’ottenimento del permesso necessario.

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