Circa 2.300 beduini risiedono in venti comunità nelle colline a Est di Gerusalemme. Oltre l’80% sono rifugiati, più di due terzi sono bambini. Le comunità hanno perso tutte le possibilità di accedere alle proprie terre a causa del’espansione delle colonie, molte hanno ordini di demolizioni pendenti sulle case, nessuna ha accesso alla rete elettrica e solo la metà è collegata a quella idrica. Nonostante ricevano assistenza umanitaria, il 55% delle comunità beduine nell’Area C della Cisgiordania (sotto il pieno controllo di Israele) soffre per carenza di cibo. Oltre 200 famiglie sono state ricollocate dall’area in cui vivevano negli anni Novanta, alcune con la forza. Di queste, oltre l’85% dichiara di aver dovuto abbandonare il proprio tradizionale stile di vita. Oltre 500mila civili israeliani vivono nelle colonie in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, colonie costruite in violazione del diritto internazionale.
Dall’inizio del 2011 al primo settembre, almeno 755 palestinesi sono stati forzatamente trasferiti a causa della demolizione della propria casa e 127 a causa delle violenze dei coloni. Circa il 40% di loro sono beduini.
Le comunità palestinesi beduine che vivono nelle colline a Est di Gerusalemme sono a rischio di trasferimento forzato. Le comunità sono state informate dalle autorità israeliane che non hanno altra alternativa che lasciare l’area, come parte di un più vasto piano di ricollocazione delle comunità beduine residenti in Area C, dove Israele mantiene il controllo sia sulla sicurezza che sulla pianificazione urbana e la costruzione. I report presentati indicano che il piano sarà avviato al più presto a gennaio 2012. Le comunità hanno comunicato di essere contrarie al piano proposto.
Preoccupazioni sono state sollevate circa il trasferimento in un nuovo sito. Il sito si trova nei pressi della città di Al Ezariya, vicino a dove altre famiglie beduine erano state trasferite alla fine degli anni Novanta per permettere l’espansione della colonia di Ma’ale Adummim. Il sito proposto non soddisfa gli standard minimi di distanza dalle discariche comunali e rischia di rappresentare un pericolo per la salute delle comunità; inoltre, non permette l’accesso alle terre per il pascolo. Le famiglie ricollocate in precedenza riportano conseguenze negative, inclusi danni alla salute, perdita dei mezzi di sussistenza, peggioramento delle condizioni di vita, perdita della coesione tribale e erosione del tradizionale stile di vita.
Attualmente le case beduine si trovano in un’area di importanza strategica per il piano di espansione delle colonie israeliane. Questo include il piano E1, che prevede l’espansione di Ma’ale Adummim e il suo collegamento con Gerusalemme. Se implementato, il piano, insieme alla costruzione di una barriera nell’area, rischia di bloccare la crescita e lo sviluppo della comunità palestinese e di rompere la continuità della Cisgiordania.
Le comunità minacciate, la maggior parte delle quali rifugiate, seguono uno stile di vita tradizionale e hanno sofferto un grave declino delle condizioni di vita negli ultimi anni. Sono aumentate le restrizioni per l’accesso alle terre, alle risorse e ai mercati per i propri prodotti. Vivono sotto la costante minaccia di veder demolite le case, le scuole e le stalle per gli animali a causa dell’impossibilità a ottenere permessi di costruzione da parte israeliana. Subiscono quotidianamente le violenze dei coloni, a causa dell’espansione degli insediamenti. I beduini e le comunità di pastori della Cisgiordania affrontano le stesse difficoltà e sono a rischio di trasferimento forzato.
Le comunità palestinesi dovrebbero essere autorizzate a prendere una decisione libera e informata riguardo al loro luogo di residenza. La legge internazionale proibisce il trasferimento forzato di civili, qualunque sia il motivo o il metodo utilizzato, a meno che non sia temporaneamente richiesto da ragioni militari o di sicurezza. Sono ugualmente proibite la distruzione intenzionale o la confisca di proprietà civili private, comprese le abitazioni, così come il trasferimento di coloni nei territori occupati. In qualità di potere occupante, Israele ha l’obbligo di proteggere la popolazione civile palestinese e di amministrare il territorio a beneficio di quella popolazione. Ogni trasferimento volontario di civili deve verificarsi nel rispetto degli standard internazionali, compresa la scelta libera ed informata.
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