Chi nega l'occupazione nei Territori palestinesi?
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Chi nega l'occupazione nei Territori palestinesi?

Il caso di sir Michael Marmot, autorità mondiale nell’epidemiologia sociale, che non ha parlato di occupazione militare alla conferenza dell’OMS.

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10 Gennaio 2012 - 09.03


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di Angelo Stefanini*

Il professore Sir Michael Marmot dell’University College di Londra è la maggiore autorità scientifica nell’ambito dell’epidemiologia sociale, la scienza che descrive come l’organizzazione sociale sia uno dei maggiori fattori nel determinare le malattie e la loro distribuzione all’interno delle popolazioni. Nel 2000 è stato insignito del titolo di Baronetto da Sua Maestà la Regina Elisabetta per i suoi servizi all’epidemiologia e alla comprensione delle disuguaglianze nella salute.

Da trent’anni Marmot studia le disuguaglianze nella salute di cui è ormai il riconosciuto esperto mondiale. Enormi sono i suoi meriti nella indagine e nella diffusione delle conoscenze dei meccanismi che portano a un gradiente sociale nella salute, ossia al fatto che più è alto il livello socio-economico della famiglia più basso è il tasso di mortalità. Dal 2005 al 2008 ha presieduto l’importante Commissione della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulle Disuguaglianze Sociali nella Salute che ha prodotto uno storico rapporto rivolto a orientare le politiche pubbliche dei governi mondiali. Insomma un personaggio di assoluto primo piano non soltanto nel mondo medico.

In questa veste, il 28–29 novembre 2011 Sir Marmot ha partecipato alla “Prima Conferenza Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla Nuova Politica Europea per la Salute – Health 2020” organizzata a Gerusalemme. La scelta di Israele ma soprattutto della città di Gerusalemme come sede per tale consesso internazionale era stata contestata da varie organizzazioni sia palestinesi sia internazionali, tanto che il secondo giorno le centinaia di partecipanti venivano trasferiti a continuare il convegno a Tel Aviv. Nel suo nuovo blog il prof Marmot esprime il suo stupore raccontando i «brividi» di preoccupazione che questi fatti avevano suscitato.

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Siccome mi sarei aspettato che il più grande esperto di disuguaglianze dovesse riconoscere un’ingiustizia a prima vista, mi sono chiesto se il prof. Marmot sia a conoscenza del fatto che:

• Esistono abbondanti prove della condotta riprovevole dello Stato di Israele quale potenza occupante nei confronti delle leggi internazionali umanitarie e sui diritti umani, compreso il diritto alla salute;

• Il sistema israeliano di occupazione militare impone numerosi ostacoli al diritto alla salute per i palestinesi in Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est) e Gaza; la loro possibilita’ di accesso fisico non soltanto ai servizi sanitari, ma anche alle risorse fondamentali è limitata dal regime militare di posti di blocco, barriere, sistemi di permessi e aree chiuse. Molti rapporti delle Nazioni Unite, compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (OMS), hanno descritto come acqua, servizi sanitari, istruzione, cibo, mezzi di sostentamento, la libertà di movimento e la sicurezza umana rappresentino fattori chiave (quegli stessi determinanti sociali della salute studiati dal prof Marmot) che sono influenzati dalla occupazione israeliana;

• Israele ha occupato la Cisgiordania e Gaza nel 1967 e annessa unilateralmente Gerusalemme Est in violazione del diritto internazionale. Inoltre, la designazione da parte di Israele della città di Gerusalemme come sua capitale non è stata riconosciuta da quasi tutti i governi del mondo, inclusi i governi europei a motivo della mancanza di una soluzione politica negoziata al conflitto;

• Organizzare un’importante conferenza delle Nazioni Unite a Gerusalemme offre un tacito sostegno politico a queste inosservanze del diritto internazionale, legittimando la continua violazione dei diritti umani del popolo palestinese, compreso il suo diritto alla salute e all’accesso ai servizi sanitari a Gerusalemme Est;

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I punti sopraelencati erano contenuti in almeno due petizioni inviate al Direttore Regionale Europeo dell’OMS sottoscritte da diverse organizzazioni internazionali e della societa’ civile. Tali petizioni con forza chiedevano che
o La sede della conferenza venisse spostata da Gerusalemme;

o Israele rispetti suoi doveri di potenza occupante secondo la legge internazionale;

o Tra le raccomandazioni della conferenza per affrontare le disuguaglianze in salute fosse inclusa la critica dei determinanti chiave della salute dei palestinesi sotto occupazione in Cisgiordania (compresa Gerusalemme Est) e Gaza.

Delle due l’una: o il professor Marmot non conosce questi fatti, o ne è a conoscenza ma preferisce ignorarli. In entrambi i casi credo sia molto triste che una figura internazionale di tale calibro rinunci ai suoi doveri di scienziato e intellettuale socialmente impegnato e preferisca tenersi fuori dalla “politica”, come trapela dal suo blog. Come non ricordare quanto scritto da Edward Said (senza scomodare il nostro Gramsci) sulla responsabilità degli intellettuali di fronte al potere:
“Chi intende farsi paladino dei principi posti a fondamento dell’umana giustizia deve applicarli a chicchessia, non soltanto ad alcuni, scelti sulla base della propria visione del mondo, della propria cultura o nazione.” (P.101)
E ancora:
“…la paura di pronunciarsi su una della piu’ gravi ingiustizie della storia moderna ha paralizzato, messo il paraocchi, imbavagliato molti che conoscono la verita’ e potrebbero prestare la loro opera in favore di essa. Chiunque appoggi esplicitamente i diritti dei palestinesi e la loro richiesta di autodeterminazione si espone a una raffica di ingiurie e calunnie. Eppure, l’intellettuale deve possedere il coraggio e la pietas necessari a dire e rappresentare la verita’” (P.107).

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Ovviamente non ho mai pensato che conflitti di interessi o perverse macchinazioni stiano dietro al comportamento del prof Marmot della cui produzione scientifica sono, come immagino la totalità dei miei colleghi, un grande estimatore. A lui riconosco di avere impresso un vigore e una credibilità, insperata soltanto pochi anni fa, allo studio e alle politiche per combattere le disuguaglianze nella salute. La mia delusione è che, secondo me, Marmot non possa essere visto come il Rudolph Virchow del XXI secolo, grande scienziato ma anche attivista politico.

Scriveva ancora Edward Said (P.107): “Niente mi sembra più riprovevole dell’abito mentale che induce l’intellettuale a voltare la faccia dall’altra parte, tipico modo di evitare una posizione difficile che sappiamo essere giusta nei principi, ma che decidiamo di non fare nostra. Perché non vogliamo mostrarci troppo schierati politicamente, abbiamo paura di apparire polemici, ci serve il plauso del capo o di un’altra figura di potere, vogliamo conservare il nostro buon nome di persona equilibrata, oggettiva, moderata;[…].E un bel giorno, speriamo di ricevere un titolo onorifico, un premio importante, forse la carica di ambasciatore…” O di baronetto?

A proposito, ho postato un commento con queste osservazioni nel blog del professor Sir Michael Marmot ma… non è stato pubblicato.

*Medico, esperto di cooperazione internazionale Centro Salute Internazionale, Università di Bologna
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