A Ikea non si limitano a vendere mobili, ma spiano volentieri dipendenti o clienti. Lo racconta il settimanale francese Le Canard enchaîné in edicola oggi, ma anche il seguitissimo sito [url”Rue89″]http://www.rue89.com/2012/02/28/espionnage-quand-ikea-faisait-son-marche-dans-les-fichiers-de-police-229786[/url]. Settimanale che per quanto “satirico” resta uno dei giornali più rispettati e letti in Francia.
Secondo il settimanale dal 2003, la filiale francese dell’azienda svedese ha stipulato un accordo con la società di sicurezza Security International per avere accesso alle informazioni contenute nel Icst (sistema di trattamento delle infrazioni constatate).
Si tratta di un sistema centralizzato in cui sono contenute le informazioni della polizia investigativa, sia su criminali sospetti, sia sulle vittime. Ovviamente è illegale accedere senza permesso. Le Canard racconta di un centinaio di messaggi di posta elettronica con le richieste del capo della sicurezza di Ikea Francia per avere notizie su dipendenti e clienti.
Sono state circa 200 le persone di cui sono state chieste informazioni. Le richieste includevano notizie sulla carta di circolazione dei veicoli, eventuali precedenti penali, numeri di cellulare, indirizzo ed eventuale appartenenza a formazioni terroriste.
In una delle e-mail riportate dal giornale il capo della sicurezza chiede se un cliente, coinvolto in un contenzioso da 4000 euro con il negozio, fosse “noto alla polizia” e chiese l’indirizzo.
Un’altra mail chiedeva informazioni su qualcuno che, avendo esternato opinioni “antiglobalizzazione” poteva rivelarsi un “ecoterrorista”. Ogni informazione sarebbe costata all’Ikea 80 euro.
In passato l’Icst era stato aspramente criticato per imprecisioni e un’indagine nel 2008 aveva evidenziato che solamente il 17% dei documenti su ogni persona “schedata” era accurato. Inoltre l’azienda era stata attaccata per i suoi sistemi di sicurezza.
In un libro del 2010 “La verità su Ikea” vennero fuori accuse di razzismo e nepotismo nei confronti della compagnia, mentre i metodi di sorveglianza erano paragonati a quelli “della Stasi”.