Sembra proprio che questa volta il governo Erdogan abbia tutte le intenzioni di fare sul serio per mettere fine al tormentato rapporto tra le minoranze religiose – specie quelle cristiane – e la Repubblica turca. La commissione parlamentare di riconciliazione, che si sta occupando di preparare la bozza della nuova costituzione turca, nei giorni scorsi ha incontrato i rappresentanti religiosi di tutte le minoranze religiose, inclusa quella cattolica (le minoranza che vive la situazione più delicata, dal momento che per lo stato turco i cattolici in Turchia non esistono). Monsignor Ruggero Franceschini, presidente della conferenza episcopale turca, dopo l’incontro ha detto che “il problema più grande per i cattolici è quello di essere riconosciuti, fatto che consentirebbe loro di restaurare le chiese e prendersi cura delle loro proprietà”. I segnali che arrivano da questa iniziativa sono molti e in gran parte positivi. Il fatto veramente nuovo di queste settimane è il coinvolgimento così stretto dei cattolici. Ma anche per le altre minoranze religiose sembrano aprirsi degli scenari impensabili sino a pochi anni fa.
Il governo Erdogan è determinato, infatti, a riscrivere la costituzione della repubblica turca, tenendo conto delle diversità non solo etniche ma anche religiose che popolano la Turchia. Il processo, come Il Mondo di Annibale ha già raccontato, è iniziato qualche mese fa nel silenzio quasi generale della stampa internazionale: il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu ha avviato una serie di visite di altissimo livello con i massimi esponenti delle autorità religiose ortodosse, armene e delle altreminoranze che aveva in sé qualcosa di straordinario. Certo, in Europa e nell’Occidente sarebbe un fatto normale: ma in Turchia non lo è affatto.
Davutoglu ha fatto visita al patriarcato greco-ortodosso e ha incontrato il patriarca Bartolomeo I, facendosi fotografare insieme a lui nella sede del patriarcato, come non era mai successo prima. L’argomento ufficiale di queste visite è la distensione dei rapporti con le minoranze religiose che vivono in Turchia e con le quali lo stato turco ha avuto sempre un pessimo rapporto, per tutta una serie di ragioni storiche e politiche che affondano le sue radici nel grumo nazionalista-etnico su cui è stata costruita la Repubblica turca. La motivazione materiale di questa iniziativa sta tutta nella prospettiva di una riscrittura della costituzione repubblicana che il governo Erdogan persegue oramai da tempo ed è deciso a portare a termine quanto prima. Con l’obiettivo di includere nella nuova carta fondamentale un rapporto più armonico e aperto con le minoranze religiose. Richiamandosi nemmeno tanto velatamente alla tradizione tollerante e multiculturale dell’Impero Ottomano (quando si parla del «ritorno del sultano» in Turchia si dovrebbe tenere conto anche di questa eredità storica).
Dopo aver incontrato Bartolomeo I, Davutoglu ha parlato con i giornalisti e ha detto che «il Patriarcato è una delle nostre istituzioni religiose più antiche e ha una tradizione molto forte in se stessa. È un principio basilare, per noi, che in Turchia tutte le confessioni religiose possano vivere e condividere le loro culture in un’atmosfera di pace». Da parte sua Bartolomeo I ha ricordato, con un occhio al passato tempestoso e conflittuale, che è «una fonte di grande gioia che i nostri gruppi e le nostre comunità religiose siano in grado di vivere in questo paese con serenità».
Subito dopo la visita ai greci ortodossi Davutoglu si è recato al patriarcato armeno. Dove ha ribadito le linee base della politica del governo Erdogan, rimettendo l’accento sulla volontà dell’esecutivo guidato dal partito islamico-moderato per la giustizia e lo sviluppo Akp di instaurare un clima di convivenza pacifica con tutte le confessioni religiose che popolano la Turchia, evitando gli errori e i paradigmi mentali e politici esclusivi che nel passato hanno generato violenza e discriminazione.
È un fatto importante e di grande valore. Sottolineato sulla stampa turca da commenti e riflessioni impegnative. Come quelle di Orhan Kemal Cengiz che, su Today’s Zaman, ha ragionato sul «significato della visita di Davutoglu ai patriarchi», facendo notare che qualcosa di simile «non è mai avvenuto nella storia della Repubblica turca». Prefigurando così la possibilità che il monolitismo che domina l’architettura costituzionale turca possa subire una trasformazione davvero decisiva.