Si allarga sempre di più il movimento delle “slutwalk” – letteralmente “donne di strada”, o sgualdrine -, che organizzano manifestazioni in tutte le città del mondo. Ma se in Occidente le rivendicazioni per i diritti delle donne rappresentano un termine di emancipazione, in Terra Santa questo tipo di manifestazioni risultano addirittura rivoluzionarie. “No significa no. Quale parte della parola non hai capito?” è lo slogan che apriva la manifestazione di Gerusalemme lo scorso venerdì, dove decine di donne poco vestite hanno sfilato per la città.
Imponente la presenza della polizia nella parte ovest della città, dove le tensioni tra i settori laici e religiosi sono forti. Negli ultimi anni, infatti, è aumentato il numero di ultra-ortodossi ebrei, noti come “haredim”. Il gruppo conservatore tende a imporre il proprio stile di vita anche alle donne, obbligate – secondo le loro convinzioni – a vestirsi “come si deve”: niente scollature, pantaloncini corti o canottiere.
“Che vivano come meglio credono – è la risposta di una delle donne in corteo –, ma non ci dicano come dobbiamo farlo noi. Non voglio vedere Gerusalemme trasformarsi nell’Iran o nell’Arabia Saudita”, prosegue la 28enne Sarit Hashkes, vestita con un pantalone corto e uno striminzito adesivo incollato al petto, a mo’ di bikini. Quattro mesi fa la ragazza ha lasciato la stazione di polizia, dopo aver depositato una denuncia per aggressione. Si trovava proprio nel quartiere ultra-ortodosso, dove nelle scuole haredim la parola d’ordine è: “No inglese, niente matematica, e soprattutto nessuna discussione sui diritti delle donne”.
“Dobbiamo avere il diritto a vestirci come ci pare, senza il timore di essere aggredite”, aggiunge Tal Gilboa, una giovane di Gerusalemme che studia belle arti, riferendosi alle aggressioni con pietre e insulti contro le donne che spesso si verificano in città. Per questo motivo l’adesione al movimento, nato a Toronto un anno fa, in risposta ad un funzionario di polizia, il quale sosteneva che per evitare aggressioni, le donne non dovrebbero vestirsi come puttane – sluts, appunto.
Appena giunti nel centro della città, la polizia tiene lontana dal corteo ogni uomo dall’aspetto di religioso. Per un giorno almeno, i ruoli sembrano essersi invertiti: non le donne, ma gli uomini vengono guardati con sospetto. Solo uno riesce ad avvicinarsi, dicendo: “Questo modo di vestirsi è antiebraico. Questo è un problema, una provocazione”.