I vescovi portano in tribunale lo scontro tra la chiesa cattolica e l’amministrazione Obama: 43 enti cattolici (diocesi, scuole, agenzie di servizi sociali) hanno presentato denuncia in 12 corti federali contro il mandato della riforma sanitaria Obama (che entra in vigore nell’agosto 2013) che impone a questi enti di offrire ai propri dipendenti assicurazioni sanitarie che coprono anche le spese per la contraccezione e l’aborto. Tra gli enti cattolici che hanno sporto denuncia ci sono le diocesi di New York, Washington, St. Louis, Dallas, Fort Worth, Pittsburgh, Springfield, la University of Notre Dame e la Catholic University of America a Washington DC.
Lo scontro tra le gerarchie e il dipartimento della sanità dell’amministrazione Obama era scoppiato a fine 2011; dopo le modifiche apportate dall’amministrazione per venire incontro alle obiezioni dei vescovi nel gennaio scorso, parte del mondo cattolico americano aveva accettato il compromesso. Compromesso che consentiva alle istituzioni cattoliche di offrire queste prestazioni mediche ai propri dipendenti cattolici e non cattolici senza contribuire direttamente – né moralmente né finanziariamente – a pratiche mediche che sono giudicate inaccettabili dal magistero. Ma il compromesso non ha soddisfatto la Conferenza episcopale, che nelle ultime settimane ha alzato il volume delle denunce contro «gli attacchi alla libertà religiosa» portati dal potere politico e dai democratici in particolare.
La vicenda è destinata a trascinarsi fino alle elezioni del novembre prossimo e oltre, dal punto di vista politico e da quello legale, ma alcuni elementi sono evidenti già da adesso. Il primo è che la mossa dei vescovi di definire lo scontro sul “mandato” della riforma sanitaria come una lotta per «la difesa della libertà religiosa» è mediaticamente e politicamente temeraria, dato che solo una parte dei cattolici americani percepisce questa lotta dei vescovi contro Obama come una battaglia religiosa; l’altra parte vede invece l’ennesimo segnale del ralliement dei vescovi al Partito repubblicano.
Il secondo elemento è la crescente divisione all’interno delle istituzioni rappresentative della chiesa americana: solo 13 delle oltre 200 diocesi hanno fatto causa, e resta da vedere quante università cattoliche si faranno convincere dalla posizione assunta da due istituzioni-simbolo come la University of Notre Dame (l’università più prestigiosa) e la Catholic University of America (l’università dei vescovi). Rientrano in questo scenario le aspre critiche dei cardinali Dolan e Wuerl ai gesuiti della Georgetown University a Washington per l’invito a parlare rivolto al ministro della sanità Kathleen Sebelius.
La terza considerazione è di lungo periodo: le università cattoliche americane sono circa 250 e molto diverse tra di loro (di diversi orientamenti teologici e ideologici; diocesane o appartenenti ad un ordine religioso; più o meno soggette alla sorveglianza del Vaticano), ma la pressione su di esse sta crescendo: specialmente perché la gran parte dei docenti di teologia sono uomini e donne laici, sui quali il potere di controllo dei vescovi e della Santa sede è limitato.
È invece più agevole per i vescovi agire direttamente sull’istituzione: sul presidente, sul consiglio d’amministrazione, sui ricchi alumni. Si spiega anche così il “voltafaccia” della University of Notre Dame, la stessa che nel maggio 2009 invitò (tra le proteste dei repubblicani e dei cattolici conservatori e pro-life) il neoeletto presidente Obama a tenere il commencement speech ai neolaureati.
Tre anni non sono passati invano, e persino Notre Dame deve tenere conto del nuovo clima, dei donatori cattolici (che potrebbero tagliare i fondi) e dei vescovi (che potrebbero ritirare a Notre Dame e ad altre università la qualifica di “università cattolica”). Siamo ad un passaggio epocale nella storia del cattolicesimo americano e nella cultura politica dei cattolici americani: potrebbe essere la fine di un modello, che a giudizio dei vescovi è diventato troppo disponibile ai compromessi con le esigenze di una società pluralista.