Il primo round di votazioni per l’approvazione della nuova Costituzione egiziana si è concluso con la vittoria dei Fratelli Musulmani: secondo i primi dati disponibili, il 57% dei votanti ha detto sì alla bozza presentata dal presidente Morsi. Ieri si è votato al Cairo, ad Alessandria e in altre 27 province del Paese; il prossimo sabato toccherà a Port Said, Luxor e i restanti governatorati, per lo più rurali e considerati più conservatori.
A comunicare la parziale vittoria, la stessa Fratellanza con un post su Twitter che ha aggiunto che, degli oltre 26 milioni di aventi diritti al voto, si è presentato alle urne il 32%.
Difficile pensare ad una sconfitta del nuovo regime egiziano, seppure la tv di Stato abbia fornito dati importanti dal Cairo e Alessandria: nella capitale il 68% dei votanti avrebbe votato no al nuovo testo costituzionale, ad Alessandria il 72%. Dei valori che fanno pensare che la rabbia popolare, espressa soprattutto dalle città che nel 2011 fecero cadere il regime quarantennale di Mubarak, non è destinata a placarsi.
Il voto si è svolto dopo tre settimane di scontri e manifestazioni rivali: da una parte le opposizioni laiche, liberali e cristiane, dall’altra i sostenitori di Morsi. Oltre 120mila soldati sono stati dispiegati nelle strade, accanto a 130mila poliziotti, ma le votazioni si sono svolte pacificamente. Non sono però mancate le accuse dei gruppi di opposizioni che non hanno parlato di brogli, ma hanno raccontato di scene di caos in molti seggi elettorali a causa della mancanza di supervisori indipendenti. Molti giudici, infatti, in aperta polemica con il presidente Morsi, hanno deciso di boicottare il voto e non partecipare al monitoraggio del referendum.
In alcuni seggi, secondo il Fronte Nazionale, impiegati pubblici avrebbero sostituito la magistratura, le schede elettorali non sarebbe state stampate correttamente e esponenti dei Fratelli Musulmani avrebbero continuato a fare campagna elettorale all’interno dei seggi. Elettori cristiani sarebbero stati anche allontanati.