Benedetto XVI apporta alcune modifiche alle precedenti normative per “assicurare il migliore svolgimento di quanto attiene, pur con diverso rilievo, all’elezione del Romano Pontefice” e “in particolare una più certa interpretazione ed attuazione di alcune disposizioni”. “Nessun Cardinale elettore- afferma Benedetto XVI- potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun
motivo o pretesto, fermo restando quanto prescritto al n. 40 e al n. 75″ della Costituzione Universi Dominici gregis. Riferimento e ragioni di tale precisazione non sono state chiarite, anche se portano a pensare alla dimissioni del cardinale O’Brien.
E’ stato inoltre stabilito che, “dal momento in cui la Sede Apostolica sia legittimamente vacante, si attendano per quindici giorni interi gli assenti prima di iniziare il Conclave”. I trascorsi però, al massimo, venti giorni dall’inizio della Sede Vacante, tutti i Cardinali elettori presenti sono tenuti a procedere all’elezione”.
Si precisano inoltre le norme per la segretezza del Conclave: “L’intero territorio della Città del Vaticano e anche l’attività ordinaria degli Uffici aventi sede entro il suo ambito dovranno essere regolati, per detto periodo, in modo da assicurare la riservatezza e il libero svolgimento di tutte le
operazioni connesse con l’elezione del Sommo Pontefice. In particolare si dovrà provvedere, anche con l’aiuto di Prelati Chierici di Camera, che i Cardinali elettori non siano avvicinati da nessuno durante il percorso dalla Domus Sanctae Marthae al Palazzo Apostolico Vaticano”.
Tutte le persone “che per qualsivoglia motivo e in qualsiasi tempo venissero a conoscenza da chiunque di quanto direttamente o indirettamente concerne gli atti propri dell’elezione e, in modo particolare, di quanto attiene agli scrutini avvenuti nell’elezione stessa, sono obbligate a stretto
segreto con qualunque persona estranea al Collegio dei Cardinali elettori: per tale scopo, prima dell’inizio delle operazioni dell’elezione, dovranno prestare giuramento” secondo precise modalità nella consapevolezza che una sua infrazione comporterà “la pena della scomunica ‘latae sententiae’ riservata alla Sede Apostolica”.
La forma di elezione del Romano Pontefice sarà d’ora in poi “unicamente per scrutinium”. Il Papa
stabilisce, pertanto, “che per la valida elezione del Romano Pontefice si richiedono almeno i due terzi dei suffragi, computati sulla base degli elettori presenti e votanti”. Se nelle prima votazioni non sarà raggiunta la maggioranza dei due terzi richiesta, nelle successive votazioni, “avranno voce passiva soltanto i due nomi che nel precedente scrutinio avevano ottenuto il maggior numero di voti, ne’ si potrà recedere dalla disposizione che per la valida elezione, anche in questi scrutini, è richiesta la maggioranza qualificata di almeno due terzi di suffragi dei Cardinali presenti e votanti. In queste votazioni, i due nomi che hanno voce passiva non hanno voce attiva”.
“Avvenuta canonicamente l’elezione (. . .) il Cardinale Decano, o il primo dei Cardinali per ordine e anzianità, a nome di tutto il Collegio degli elettori chiede il consenso dell’eletto con le seguenti parole: Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice? E appena ricevuto il consenso, gli chiede: Come vuoi essere chiamato? Allora il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, con funzione di notaio e avendo per testimoni due Cerimonieri, redige un documento circa l’accettazione del nuovo Pontefice e il nome da lui assunto”.
Ma questa è la parte nota anche a tutto il mondo laico.