La prima di Xi Jinping è a casa di Putin

Il nuovo leader cinese sceglie Mosca per inaugurare il suo primo tour estero. Poi andrà in Africa. Pieno accordo tra i due per un nuovo ordine mondiale.

La prima di Xi Jinping è a casa di Putin
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Astrit Dakli Modifica articolo

22 Marzo 2013 - 12.45


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Astrit Dakli

I simboli contano, soprattutto quando vengono usati dai leader mondiali: ed è certamente un gesto simbolico importante per il nuovo presidente cinese Xi Jinping aver scelto Mosca per iniziare il suo primo viaggio all’estero da quando ricopre il suo cruciale incarico, formalizzato il 14 marzo. La visita in Russia, iniziata oggi, durerà tre giorni e comprenderà la firma di una serie di accordi economici e diverse discussioni con il collega russo Vladimir Putin sugli argomenti chiave dell’attuale situazione internazionale, dalla crisi siriana alla Nord Corea, dall’Iran al disarmo. E naturalmente i due leader parleranno di energia, la questione-principe che li lega (e li divide, al tempo stesso) essendo la Russia uno dei massimi produttori di energia del pianeta e la Cina il massimo consumatore.

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Via da Mosca, Xi Jinping si recherà in Africa visitando Tanzania, Congo e Sudafrica, dove parteciperà al summit dei cinque Paesi “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina e appunto Sudafrica), cioè il club dei più importanti Paesi ex “emergenti” e ormai ampiamente “emersi”, ricchi e potenti non meno dei Paesi euroatlantici che amavano considerarsi “primo mondo”. Il viaggio africano di Xi riveste a sua volta un forte valore simbolico, al di là della partecipazione al summit dei BRICS, per l’enorme impegno che la Cina sta mettendo nella sua penetrazione economica e politica nel continente africano, dove ormai è diventata il primo partner commerciale scavalcando sia le ex potenze coloniali (Francia e Gran Bretagna) sia gli Stati Uniti, al punto che i commentatori malevoli parlano ormai dell’Africa come di una “colonia cinese” – anche se in realtà gli investimenti di Pechino nel continente hanno portato anche sviluppo e crescita infrastrutturale.

Ma per restare a Mosca, va notato come sia da parte cinese che da parte russa venga sottolineata l’ottima armonia di posizioni dei due paesi, cementata dal comune desiderio di contenere – se non di contrastare apertamente – le spinte egemoniche statunitensi, visibili tanto nella regione dell’Asia centrale quanto nella regione costiera del Pacifico, dove si sposano con le rinnovate spinte nazionaliste del Giappone. Fin dall’inizio del suo secondo mandato, il presidente statunitense Barack Obama ha indicato proprio l’area Asia-Pacifico come teatro principale di attenzione per gli Stati Uniti, su tutti i terreni – politico, economico e militare. Non a caso quindi Putin ha parlato di “un ordine mondiale più giusto” derivante dalla cooperazione fra Mosca e Pechino, mentre Xi ha voluto rimarcare “l’estrema importanza che la Cina attribuisce alle sue relazioni con la Russia (…) un nostro partner strategico con cui parliamo un linguaggio comune”.

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E’ una vicinanza che pesa oggi soprattutto sul piano politico, visto che sulla scena internazionale i due Paesi concordano quasi su tutto e si muovono in sintonia; ma anche sul piano economico e commerciale la crescita è visibile, Nel 2012 l’interscambio commerciale ha sfiorato i 90 miliardi di dollari, e ancora non sono arrivati i contratti-monstre che gli esperti delle due parti stanno discutendo da tempo, riguardanti il gas siberiano.

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