I profiterole di Gezi Park

Il passato che si mescola al presente, una fetta d’umanità che ritorna a risentirsi, a rimescolare le infine tonalità Istanbul. [Sara Datturi]

I profiterole di Gezi Park
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redazione Modifica articolo

8 Giugno 2013 - 15.21


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da Istanbul

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Sara Datturi

Sette giorni fa i primi scontri diretti con la polizia a piazza Taksim, i gas lacrimogeni lanciati sulla folle inerme. Scene di violenza terrificanti e inconcepibili per uno stato che si definisce democratico. Queste sono le foto che sono appese tra gli alberi del parco di Gezi diventato una comunità eterogenea d’idee, un simposio di profumi, esibizioni artistiche a cielo aperto, uno spazio per reinventarsi e ridare forma ad uno nuovo tipo di società.

Tante scene, tanti ricordi per non dimenticare. Il passato recente che si mescola al presente, una fetta d’umanità che ritorna a risentirsi, a respirare l’atavico bisogno di comunicare, toccare la terra, lavorarla, rimescolare le infine tonalità di questa città umana.

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Tra queste migliaia di tende, orti improvvisati e auto della polizia diventate monumento c’è un’energia incredibile. Unica. Si respira la voglia di cambiare e di essere attori stessi di questo processo.

C’è anche tanta paura per le parole del primo ministro, tornato giovedi’ sera dal suo viaggio in Marocco e Tunisia, il quale ha affermato con forza che le proteste devono finire, che il progetto urbano di trasformazione urbana verrà fatto ma senza il centro commerciale che, per lo spazio ridotto del parco, non rispetta le norme previste dall’unione Europea. In seguito, nella conferenza pomeridiana “Ripensare alle sfide globali: Costruire un futuro comune tra EU e Turchia” apre al dialogo per richieste “democratiche”, critica in modo forte i media internazionali per la propaganda di disinformazione e definisce vandali i manifestanti.

Mi chiedo se abbia visto almeno una foto di quello che sta avvenendo in questi giorni all’interno del parco di Gezi, mi domando se si sia soffermato di fronte alle immagini di violenza indiscriminata da parte della polizia nei confronti dei dimostranti che in questa giornate di rivoluzione hanno contraddistinto 74 città della Turchia. Per questo personaggio, nuovo padre della patria e del progresso, sono, siamo solo terroristi, dei “Chapul” “(saccheggiatori).

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Nel mezzo di questi “Chapul”: giovani, anziani, stranieri, religiosi, anticapitalisti, femministe, semplici cittadini di questa parte di mondo c’è anche un signore di settant’anni, con il viso aperto e gli occhi profondi. Lo chiameremo Ibrahim. La sua storia si collega e intreccia con gli eventi avvenuti negli ultimi anni in Turchia e in particolare ad Istanbul. Una trasformazione urbana, un cambiamento di costumi e di benessere apparente che ha portato il suo antico negozio di pasticcieria, famoso per le profiterole ha chiudere. Il nome del posto si chiama INCI, che significa perla.

Una perla di rivolta, che ha lottato e resistito per non essere schiacciata e scalpita da questo sistema che favorisce il profitto e non l’identità storica, umana e profonda di questa gente. INCI non è solo una semplice pasticceria, è il frutto di un sogno e di tanto lavoro. Il padre di Ibrahim l’ha aperta nel 1944, la sua passione per il dolce perfetto e le qualità di cuoco hanno fatto il resto. In poco tempo INCI è diventata il centro zuccheroso e accogliente di una Istanbul in costruzione. Il suo design interno antico, i tavoli in legno e i candelabri, la cura per il dettaglio sono stati da sempre una sicurezza per i tanti e variegati clienti. In questi settant’anni INCI ha accolto e addolcito i palati d’ intere generazioni. Fino al febbraio scorso era localizzato nella via centrale di Istanbul, Istiklal, ma con l’apertura dell’ennesimo centro commerciale ha subito l’ordine di sgombero forzato. Ibrahim ci racconta di come abbiano lottato, si sono appellati insieme alla fondazione dello storico teatro Emek, senza purtroppo riuscire a vincere. Una battaglia legale persa, una resistenza continua.

Nonostante le pressioni per evacuare il posto, Ibrahim e i suoi famigliari, i camerieri vestiti in abiti distinti, hanno continuato a servire profiterole. “Anche quando la polizia è arrivata e ha lanciato queste delizie per la strada, noi abbiamo cercato di resistere offrendo ad ogni passante i profiterole” racconta senza paura, con gli occhi lucidi Ibrahim. Mentre il centro commerciale veniva inaugurato, INCI è ritornata più forte che mai. La pasticceria ha riaperto lo scorso maggio, non più nella strada principale, ma in una laterale. Ha la stessa atmosfera d’inizio ventesimo secolo, una macchina del tempo leale con uno spirito rivoluzionario atemporale. Anche Ibrahim è uno dei partecipanti alle proteste iniziate lo scorso giovedì al parco di Gezi.

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Racconta di essere stato assalito dai gas lacrimogeni, mi spiega come INCI sia diventato un centro di ricovero e di riparo per i tanti dimostranti che hanno combattuto una vera e propria guerriglia urbana. “ Istanbul deve essere governata mano nella mano, spalla contro spalla dai suoi cittadini, voglio combattere anch’io per ritornare a essere orgoglioso della democrazia Turca”.

Le proteste di questi giorni sono state definite in tanti modi, come una nuova primavera o estate turca, una sorta di occupy movement come quello vissuto negli Stati Uniti e in Spagna… tanti punti di contatto e anche tanti corti circuiti. Ho tante domande, da straniera, Italiana e abitante di questo mondo. Non cerco risposte, m’immergo in questa gente che in questi giorni mi sta dando una lezione d’umanità incredibile. Non so che profumo possa avere una rivoluzione, ma spero davvero che abbia lo stesso sapore e fragranza di questi profiterole.

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