Manganelli, gas lacrimogeni, assetto anti sommossa, intervento brutale, scoppi, pestaggi, arresti, bambini feriti, manifestazioni, barricate, episodi vandalici, cortei contrapposti, sciopero generale. Un disastro. Quando la polizia si è mossa, ieri a Istanbul, è stato un momento drammatico per tutti. Erdogan ieri sera si sarà ricordato di quando venne arrestato dalla polizia del suo Paese per aver letto in pubblico un poema islamico. La Turchia sta tornando agli anni ’80?
Eppure l’occasione per vincere c’era stata. Dopo un incontro tra Erdogan e una delegazione dei manifestanti, il premier (tardivamente piegatosi alla ragionevolezza dei consigli dei suoi collaboratori) aveva formulato questa proposta: “Il governo ha fatto appello contro la decisione di prima grado di bloccare il suo progetto edilizio sull’attuale parco di Gezi, a Istanbul. Se il nostro ricorso sarà accolto noi non costruiremo, ma convocheremo un referendum aperto a tutti i cittadini di Istanbul sul futuro del parco: tenerlo o costruire come propone il governo? Voi in cambio di questa garanzia sgomberate.”
Il piano è stato illustrato ai militanti di piazza Taksim (non si conoscono le modalità di consultazione, ma questo viene riferito) che lo hanno respinto. Poche ore dopo la polizia è intervenuta.
Respingere il piano è stato un errore chiarissimo e molto “significativo”, ad avviso di chi scrive, come è stato un gravissimo errore, imperdonabile e molto più grave perché commesso da chi governa, usare la forza con brutalità poco dopo contro chi era rimasto in piazza.
Due errori di diversa gravità ma convergenti, tesi a impedire alla Turchia di cambiare il corso degli eventi.