Pakistan, autocritica su Bin Laden: ebbe complicità

Una commissione d'inchiesta ricostruisce i nove anni in cui il leader di Al Qaida ha vissuto indisturbato nel paese: incompetenza e fallimento dell'intelligence.

Pakistan, autocritica su Bin Laden: ebbe complicità
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9 Luglio 2013 - 10.34


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La permanenza di Osama Bin Laden per nove anni in Pakistan è stata possibile a causa dell’enorme incompetenza delle istituzioni dello Stato pakistano e dell’incapacità dei suoi servizi.

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Bin Laden ha potuto vivere “indisturbato” per nove anni in Pakistan a causa di un “fallimento collettivo” delle autorità militari e dell’intelligence pakistana.

Sono queste le conclusioni del lungo rapporto di una commissione d’inchiesta pakistana, secondo quanto rivelato dal quotidiano pakistano Dawn e da al-Jazeera, a più di due anni dall’uccisione dell’ex leader del terrore in un blitz delle forze speciali Usa ad Abbottabad.

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Il rapporto, che non fa nomi e che è consultabile integralmente sul sito web in lingua inglese di al-Jazeera, critica le agenzie d’intelligence pakistane, l’Isi su tutte, accusata di aver agito con scarsa professionalità, di aver dimostrato scarso impegno nel combattere estremismo e terrorismo e di aver ostacolato l’attività delle altre agenzie di spionaggio che avrebbero potuto fare “probabilmente un lavoro migliore nonostante la loro relativa mancanza di risorse”.

La commissione d’inchiesta, guidata dal giudice Javed Iqbal e composta da cinque membri, ha denunciato una “colpevole negligenza e incompetenza a quasi tutti i livelli del governo”. La commissione, nota come Commissione Abbottabad, ha indagato sulla permanenza di bin Laden in Pakistan fino alla sua uccisione e nel rapporto ha definito una “umiliazione” per i militari pakistani il blitz delle forze speciali Usa nella notte tra il primo e il 2 maggio 2011.

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