Gravi scontri sono scoppiati un po’ ovunque in Egitto, dove sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi sono scesi di nuovo nelle strade, in risposta all’appello lanciato dai Fratelli Musulmani dopo il duplice assalto delle forze di sicurezza alle due tendopoli allestite al Cairo dai militanti islamisti fin dal colpo di stato militare del 3 luglio.
I disordini più gravi si sono registrati a Minya, capoluogo dell’omonima provincia centro-settentrionale, situata lungo il corso del Nilo a circa 150 chilometri dalla capitale: migliaia di persone hanno attaccato una chiesa copta e l’hanno parzialmente incendiata, e per disperderli la polizia ha dovuto fare massiccio ricorso ai lacrimogeni. Scena analoga a Sohag, 200 chilometri più a sud, dove a un’altra chiesa è stato appiccato il fuoco con bottiglie incendiarie. Rogo di una terza chiesa e di una scuola infine a Suez.
Tumulti anche ad Assyut, a metà strada tra le due località, dove gli agenti in assetto anti-sommossa hanno dovuto affrontare almeno tremila dimostranti. Violente proteste anche ad Alessandria, la seconda città del Paese, in cui la folla ha bloccato il lungomare; e ad Assuan, dove è stata circondata la sede del locale governatorato, che è stato necessario evacuare. La tensione resta comunque alle stelle in diverse zone cairote: in particolare in quello di al-Mohandessin, un sobborgo residenziale di Giza, dove i seguaci islamisti stanno tentando di radunarsi in piazza Mustafa Mahmoud. Secondo i Fratelli Musulmani, già due manifestanti sarebbero stati uccisi da «cecchini del ministero dell’Interno».
Una marea umana si starebbe inoltre concentrando intorno alla moschea di al-Nour, nel quartiere centrale di Abbasiyah, dal quale i sostenitori di Morsi intendono raggiungere piazza Rabaa al-Adiwiyah, dove ancora in parte resiste uno degli accampamenti attaccati. L’altro, in piazza al-Nahda, è stato invece smantellato.
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