In Egitto è strage, El Baradei si dimette

Uno dei leader della fratellanza afferma che il bilancio dei morti è salito a 300 e avverte: se la situazione non cambierà ci sarà una rivoluzione globale in tutto il Paese.

In Egitto è strage, El Baradei si dimette
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14 Agosto 2013 - 15.38


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Il movimento integralista Jamaa Islamiya, vicino ai sostenitori di Morsi, ha avvertito che se non cambierà la situazione in Egitto «ci sarà una rivoluzione globale in tutto il Paese». In un comunicato l’organizzazione ha denunciato «i massacri commessi dal regime militare golpista contro sit-in pacifici a Rabaa e Nahda».

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Reporter uccisi – Un cameraman britannico di Sky News è stato colpito e ucciso negli scontri in Egitto. Si chiamava Mick Deane. Anche la reporter di Xpress, del gruppo emiratino Gulf news, Habiba Ahmed Abd Elaziz, 26 anni, è stata uccisa stamani al Cairo. Lo ha riferito il sito di Gulf News, aggiungendo che secondo i familiari si trovava nella piazza pro-Morsi di Rabaa quando le hanno sparato. La cronista di origine egiziana era in vacanza nel suo Paese.

Ue: stop alla violenza – La notizia dei morti durante lo sgombero dei presidi pro-Morsi da parte della polizia in Egitto è “estremamente preoccupante” per la Ue. «Ribadiamo che la violenza non condurrà ad alcuna soluzione e facciamo appello alle autorità egiziane a procedere col massimo autocontrollo», ha detto il portavoce di Catherine Ashton.

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Bonino: si fermi la violenza – «Mi rivolgo a tutte le forze in campo in Egitto affinché facciano tutto quanto in loro potere per fermare immediatamente la violenza esplosa nel Paese ed evitare un bagno di sangue – ha dichiarato il ministro degli Esteri, Emma Bonino – È necessario che le forze dell’ordine esercitino il massimo autocontrollo, cosi come da parte di tutti deve essere evitato ogni incitamento alla violenza».

Mohammed el-Beltagy, uno dei leader dei Fratelli musulmani, ha dichiarato che il bilancio dei morti dopo gli sgomberi dei sit in dei sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi è di più di 300 persone. El-Beltagy ha chiesto alla polizia e ai soldati dell’esercito di ammutinarsi contro i loro comandanti, e agli egiziani di scendere in strada per mostrare la loro disapprovazione contro i raid sui sit in. “O, popolo egiziano, i tuoi fratelli sono in piazza…Rimarrai in silenzio finchè il genocidio non sarà completato?», ha dichiarato el-Beltagy, che è stato poi arrestato dalle autorità egiziane.

Il governo ad interim egiziano ha fatto un appello ai manifestanti «a dare prova di saggezza e a mettere gli interessi della patria davanti a tutto». Il portavoce ha riferito che «il consiglio dei ministri è determinato a fare fronte con fermezza ai sabotatori e a perseguirli».

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Il consiglio dei ministri ha scaricato inoltre «la responsabilità della degenerazione della situazione di sicurezza nel Paese sui dirigenti dei Fratelli musulmani».

«Il governo si rammarica per le vittime, qualunque sia la loro appartenenza, e sottolinea gli sforzi delle forze di sicurezza per la moderazione di fronte agli atti di violenza» ha aggiunto il portavoce.

Al Azhar: basta morti – La più alta istituzione religiosa sunnita, “non era al corrente della decisione di mettere fine ai sit-in” dei sostenitori di Morsi, “lo ha saputo dai media”. Lo dichiara alla tv di Stato il gran imam della moschea, Ahmed al Tayeb, dopo che al Azhar aveva sostenuto nelle scorse settimane la destituzione del presidente per mano dei militari.

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Oltre alle 3 chiese incendiate, i sostenitori del deposto presidente egiziano Mohammed Morsi hanno incendiato un centro giovanile cristiano a Fayoum, nell’Alto Egitto. Gli scontri sono stati registrati su una strada di Mohandiseen, distretto di lusso del Cairo, quando alcuni dimostranti pro-Morsi hanno sparato sulle auto in transito e sui pedoni. La polizia è intervenuta lanciando gas lacrimogeni. La polizia ha fatto ricorso ai lacrimogeni anche in altre zone della capitale, per disperdere i sostenitori di Morsi che volevano unirsi al sit-in di Nasr City dopo che là sono iniziate le operazioni di sgombero. La tv di Stato egiziana riporta che un capitano di polizia sarebbe stato sequestrato dai dimostranti pro-Morsi vicino al campo di Nasr City.

A Bani Suef, a sud del Cairo, i dimostranti hanno dato alle fiamme tre auto della polizia. Ad Assiut, roccaforte islamista sempre a sud della capitale, la polizia ha usato i lacrimogeni per disperdere le migliaia di manifestanti che si erano riuniti nel centro città.

Mentre al Cairo e nel resto dell’Egitto continua il confronto tra manifestanti islamisti, da un lato, polizia ed esercito dall’altro, dopo il duplice attacco alle tendopoli erette dai sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi, il nuovo governo provvisorio appoggiato dai militari ha diffuso una nota ufficiale in cui si elogia l’operato delle forze di sicurezza che, si enfatizza, hanno “dato prova del massimo grado di moderazione”, malgrado le elevate cifre relative ai civili uccisi o feriti rese note non solo dai Fratelli Musulmani ma anche da fonti indipendenti, a cominciare dai giornalisti stranieri.

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Se il ministero della Sanità continua a minimizzare il bilancio degli scontri, parlando di quindici morti e 203 feriti accertati, il portavoce dei Fratelli Musulmani, Gehad al-Haddad, ha denunciato l’uccisione di ben 250 persone e il ferimento di più di altre cinquemila. Si tratta peraltro di dati che finora, in ambedue i casi, non hanno trovato conferme oggettive.

I numeri delle vittime– I manifestanti pro-Morsi dichiarano che nello sgombero dei loro presidi al Cairo sono rimaste uccise oltre 2200 persone e che i feriti sono 10 mila. Lo riferisce l’Afp. È impossibile verificare queste cifre in modo indipendente.

Almeno 124 sostenitori del presidente deposto Mohamed Morsi sono rimasti uccisi nello sgombero di piazza Rabaa da parte delle forze di sicurezza, ha riferito un giornalista dell’Afp sul posto che ha contato il numero dei cadaveri in tre obitori improvvisati. Questo bilancio non tiene conto delle eventuali vittime nell’altro presidio pro-Morsi, quello di Nahda.
Il bilancio degli scontri fornito dal ministero della salute vede salire a 56 morti e 526 feriti in tutto l’Egitto, lo scrive la Bbc online.

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Secondo le fonti dell’ospedale almeno 9 persone sono morte negli scontri nella provincia di Fayoum, a sud del Cairo, tra le forze di sicurezza e i sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi che avevano assediato almeno due commissariati di polizia e dato fuoco ad alcune auto. Lo riferiscono il capo dell’obitorio dell’ospedale di Fayoum, Saad Kamel.

È salito invece a sei il numero dei membri delle forze di sicurezza egiziane morti nello sgombero delle piazze pro-Morsi. Lo ha riferito la tv di Stato citando il ministro dell’Interno. I feriti sono 66.

Coprifuoco dalle 19 – Il Consiglio dei ministri ha deciso il coprifuoco in Egitto dalle 19 di oggi alle 6 del mattino di domani. Lo hanno detto la tv di Stato e il sito Al-Ahram, ma si ignora per il momento fino a quando la misura resterà in vigore.

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L’ira della Casa Bianca – Gli Stati Uniti si sono dichiarati nettamente contrari allo stato d’emergenza. Gli Usa hanno chiesto con fermezza che i leader dell’esercito egiziano rispettino i basilari diritti umani del loro popolo. Lo ha reso noto la Casa Bianca.

Mohammad El Baradei si è dimesso – Il vice presidente ad interim della Repubblica egiziana, Mohammad ElBaradei, si è dimesso. Lo ha riferito Al Arabya.


Amnesty: evitare il bagno di sangue
– Amnesty International ha sollecitato le forze di sicurezza egiziane ad adottare misure urgenti per evitare ulteriori bagni di sangue nello sgombero dei sit-in dei sostenitori di Mohamed Morsi. In una nota, l’organizzazione umanitaria ha fatto inoltre sapere che diversi suoi ricercatori per i diritti umani sono in queste ore al Cairo «per verificare quanto accaduto».

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«La promessa fatta dalle autorità di ricorrere a metodi letali perdisperdere le proteste solo in casi estremi è stata tradita. Troppo spesso, in passato, le forze di sicurezza hanno usato la forza eccessiva contro idimostranti, con conseguenze catastrofiche, ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. «Le forze di sicurezza – ha aggiunto – hanno il dovere di prevenire ulteriori perditedi vite umane. Questa dev’essere una priorità immediata». Luther rivela infatti come «l’accesso agli ospedali principali nell’area di Rabaa al-Adawiya risulta limitato dalle forze di sicurezza. In primo luogo – prosegue – i feriti devono poter avere accesso alle curemediche senza ostacoli. Le autorità devono garantire un’uscita sicura a tutte le persone che vogliono abbandonare le manifestazioni».

Da Il Cairo il servizio dell’inviata di Rainews24 Lucia Goracci:


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