Il dramma della Siria e l'Italia cafona è egoista

Due fotografie sono il simbolo della tragedia: la mamma che partorisce dentro il barcone, il padre che ritrova il figlio che credeva morto. Umanità che noi vorremmo tenere a distanza.

Il dramma della Siria e l'Italia cafona è egoista
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

28 Agosto 2013 - 21.13


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di Onofrio Dispenza

Una madre e la sua figlioletta. Un padre e il suo figliolo. Due foto che hanno per sfondo lo stesso Paese, la Siria, martoriata e avvolta nel sudario, lo stesso che ha avvolto le vittime della strage che ha scosso, sconvolto e indignato tutto il mondo.

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La prima foto: alle spalle la Siria, quindi uno scenario che cambia e che ci porta a noi. Quando si parte, affidandosi ad Allah, la foto ritrae una donna con una creatura in grembo.

Il viaggio è lungo, pericoloso, ma si fugge dalla guerra e forse da una guerra destinata ad essere più cruenta, nella quale i colpi mortali possono arrivare da ogni lato. La scena cambia, la costa è quella italiana, la donna ha partorito, la bimba è nelle sue braccia e la culla è il mare.

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Le braccia degli uomini in divisa e dei volontari sono più generose delle leggi di questo Paese, restia a dare una cittadinanza che la bimba meriterebbe ad honorem.

L’altra foto fa venire la pelle d’oca. Il padre piange e ringrazia Allah. Ha saputo che il suo bambino è vivo, corre verso di lui. Lo credeva morto, ucciso dal gas di Assad, a Zamalka, in Siria. Abbraccia il figlio, lo stringe forte, e continua a piangere, ringraziando Allah. Attorno a lui gli amici, che lo baciano e l’accompagnano nel ringraziamento al Cielo.

Ecco, queste due foto dal mondo a noi così vicino, e che vorremmo tenere a distanza, rendono miserevole ogni altra foto di quell’Italia cafona che ritiene di imporsi, protagonista, sui nostri sentimenti.

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