Israele testa il suo arsenale nel Mediterraneo

La Russia temeva un attacco alla Siria. Poi Israele ammette: si è trattato un test missilistico congiunto con gli Stati Uniti. Cresce intanto la tensione.

Israele testa il suo arsenale nel Mediterraneo
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3 Settembre 2013 - 12.45


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Risolto il mistero dei due missili rilevati stamane nel Mediterraneo dalle autorità russe e diretti verso la costa orientale, dove si trova la Siria. Il governo israeliano ha annunciato di aver effettuato un test missilistico congiunto con gli Stati Uniti. ”Sono nostri – ha detto il ministero della Difesa dello stato ebraico -. Si tratta di un test missilistico condotto insieme agli Usa”. Il dicastero ha tuttavia precisato che ad essere lanciato è stato un solo missile (e non due come comunicato da Mosca), usato per testare i sistemi anti-razzi. In un primo momento l’agenzia di stampa russa Ria Novosti aveva fatto sapere che i due missili potevano essere stati lanciati da una nave americana di stanza nel Mediterraneo. Notizia, poi, smentita dalla stessa Marina militare statunitense.

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Poco prima l’ambasciata russa in Russia aveva fatto sapere che non vi sono segnali di un attacco missilistico o di esplosioni nell’area di Damasco.

La precisazione è arrivata dopo che il ministero della Difesa russo ha reso noto che una sua stazione di allerta per attacchi missilistici ha registrato il lancio di due missili da una zona centrale del Mediterraneo verso le coste orientali, dove si trova la Siria, alle 8,16 ora italiana.

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A registrate il lancio dei missili, ha riferito un comunicato del ministero della Difesa, è stata la stazione Armavir, nel sud della Russia.

La minaccia di Assad – Bashar al Assad – in un’intervista a Le Figaro – è tornato a sfidare la comunità internazionale, parlando di «accuse insensate» e minacciando l’esplosione di un conflitto regionale, poco dopo l’allarme lanciato dal Vaticano per il rischio di una nuova guerra mondiale.

«Il Medio Oriente è una polveriera» pronta a esplodere, ha avvertito il presidente siriano. «Siamo pronti a rispondere e consideriamo nemico chiunque armi o fornisca finanziamenti ai terroristi». Poi Assad ha definito «illogiche le accuse di uso di armi chimiche».

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La Casa Bianca sa quali sono i pericoli. E sa che dopo la decisione di Obama di intervenire in Siria il grande rischio è quello di rimanere isolata, sia nel contesto interno che in quello internazionale. Così si moltiplicano i briefing a Capitol Hill, gli incontri con senatori e deputati, i contatti con le capitali mondiali.

Il messaggio da far passare è che un’azione mirata contro Assad è innanzitutto un dovere morale. E in questo senso Obama ha incassato l’appoggio del numero uno della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che – pur ribadendo come al momento non ci sia spazio per un’azione dell’Alleanza Atlantica – ha enfatizzato la necessità di una risposta: «Un attacco con armi chimiche non può essere ignorato – ha affermato – e restare fermi significherebbe dare la risposta sbagliata a tutti i dittatori del mondo».


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