Invasione turca di Cipro, 40 anni di odio

Nella ricorrenza dell’invasione turca della zona Nord, l’isola rimane divisa da una forte e reciproca avversione, perpetuata dai libri di storia che si studiano nei licei.

Invasione turca di Cipro, 40 anni di odio
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21 Luglio 2014 - 12.23


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Quarant’anni fa alcuni reparti di paracadutisti dell’esercito turco si lanciavano su una zona a Nord di Cipro, ufficialmente per proteggere i connazionali di religione islamica dalle violenze della parte greca e ortodossa: era il 20 giugno del 1974 ed i primi sbarchi di truppe avvennero a Kyreni, da allora l’isola è rimasta divisa in due e la parte turca ha preso possesso del 37 per cento del territorio ma, quel che è peggio, l’antico dissidio non mostra alcuno spiraglio di ricomposizione.

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Cipro allora era stata appena scossa da un colpo di Stato che mirava a collegare una delle più antiche civiltà del Mediterraneo alla Grecia, in quel momento ancora dominata dal regime dei colonnelli. Il “putsch” poì fallì ma intanto l’occupazione turca aveva già avuto luogo, e da allora le due parti hanno continuato a vivere consumandosi in un sordo odio reciproco. Secondo i greco ciprioti quell’invasione provocò 3.000 morti, 1.400 dispersi e decine di migliaia di feriti, oltre a costringere alla migrazione la quasi totalità dei due gruppi.

Adesso, a quarant’anni da quegli eventi nelle scuole delle due metà dell’isola si continua a studiare libri di storia diversi ma che paiono concepiti soprattutto per perpetuare i reciproci rancori, e due memorie collettive continuano a scontrarsi. Per la parte greca il 1974 é l’anno dell’invasione, quello in cui tutto ebbe inizio, per quella turca invece quell’anno segnò l’inizio dell’operazione di pace da parte della Turchia per proteggere la sua comunità. “Operazione pace da un lato, invasione dall’ altro sono concetti dal significato completamente diverso, e questo si riflette nei programmi dei libri di storia da un lato o l’altro,” dice Tahir Golcebel, presidente del sindacato degli insegnanti di scuola secondaria della “Repubblica turca di Cipro del Nord (RTCN)”.

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“Le due comunità hanno vissuto assieme per 500 o 600 anni, vi sono stati numerosissimi matrimoni, greci e turchi hanno condiviso gli stessi bazar e la mesedima vita quotidiana ma nulla di tutto questo é scritto nei libri di oggi”, aggiunge il professore di storia che deplora soprattutto la totale assenza di empatia in materia di istruzione, prima di delineare però un’altra differenza fondamentale: per i turco-ciprioti il conflitto iniziò nel 1958 (prime violenze a livello comunale) o nel 1963 con altre esplosioni di violenza che portarono alla morte di quasi 500 turco-ciprioti. Per i greco-ciprioti invece tutto abbe inizio nel 1974, con nessuna o scarsa menzione dei primi scontri comunali. E le conseguenze di questa discrasia sono gravi: “Guardate il gruppo nazionalista dei greco-ciprioti di “Elam”: mi chiedo come questi giovani possano odiare per fatti che non hanno mai conosciuto? Questa è la vera sfida dell’educazione, quella che viene impartita attualmennte insegna solo che l’altro è il nemico, il barbaro, e che bisogna odiarlo”.

Kyriakos Pachoulides, presidente dell’associazione per il dialogo e insegnante di storia nella parte greca, si sente allo stesso modo. “Le nuove generazioni sono cresciute ricevendo una educazione mono-etnica, e naturalmente le visioni che ne sono scaturite non possono evitare gli stereotipi dell’altro, del, nemico, del barbaro”. Del suo libro di storia del liceo,Petros, 21 anni, ricorda vividamente le foto della leggendaria città di Famagosta, di Kyrenia, Bellapais o di altri “territori occupati” del nord accompagnate dall’intimazione: “Mai dimenticare”.

Seduto con alcuni dei suoi amici in un caffè a Nicosia, il ragazzo racconta come a poco a poco abbia scoperto che c’era un altro modo per descrivere il passato. Intorno a lui sono Desirèe, una ragazza turco-cipriota di 16 anni ed Andy, 17, un altro greco-cipriota;: tutti loro hanno seguito più o meno lo stesso percorso, e oggi hanno un pessimo ricordo di quel che le rispettive scuole hanno insegnato loro. “Ci hanno parlato di un recentre passato fatto soltanto di eroi di guerre combattute per una giusta causa – ricorda Andy, il cui padre nel 1974 fuggì via dal nord occupato dai turchi – “nei libri, c’era solo l’opinione dell’autore e nessun’ altra fonte “.

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“Ad esempio non abbiamo mai parlato del conflitto tra comunità, mai – interviene Desirèe- abbiamo imparato tutto sul nazionalismo greco mentre dall’ altra parte”_ La ragazza ha studiato nella parte turca prima di optare per una scuola internazionale nella zona sud di Nicosia. “Erano stati soltanto i greci a fare questo e questo mentre i turchi erano semplicemente vittime, fino a quando l’esercito di Ankara é venuto a salvarci.” Partecipando ad attività miste fra le due aree ed alla lettura di libri, nonché “grazie a internet e della globalizzazione”, Andy aggiunge di avere scoperto “che altri hanno sofferto troppo e che la sofferenza spesso viene usata in modo unilaterale”.

Per il 40 ° anniversario dell’ invasione, gli insegnanti greco- ciprioti sono stati invitati a testimoniare le esperienze vissute allora presso le famiglie ed i rifugiati, dice un dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione che preferisce non essere nominato, e questo è il perfetto simbolo di un’eredità storica che non accetta di essere messa in discussione. “Eppure la soluzione sarebbe semplice – sorride Desirée – basterebbe leggere più libri”.

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