Oggi George Stinney avrebbe 84 anni. Ma ne aveva soli 14 quando fu condannato a morte per l’omicidio di due ragazzine. Il processo durò un giorno, la delibera della sentenza appena dieci minuti.
Era il 1944. Settant’anni dopo un giudice americano lo scagiona perché la confessione gli fu estorta.
Il giovane fu portato sulla sedia elettrica, troppo grande per la sua esile figura tanto che misero un grosso elenco telefonico per adattarne la seduta. Anche gli elettrodi erano risultati sproporzionati rispetto alle gambe dell’adolescente.
George viveva con la famiglia nel South Carolina. Le due bambine: Betty Binniker, 11 anni, e Maria Emma Thames, 7, erano scomparse dopo essere uscite per un giro in bicicletta. I loro corpi erano stati ritrovati la mattina successiva. Alcuni testimoni avevano affermato di aver visto George raccogliere fiori con le vittime, proprio il giorno della loro scomparsa. Da lì un processo che durò meno di un giorno, e la sentenza di morte emessa dieci minuti. George aveva forse l’unica colpa di essere nero, gli fu negato anche l’appello.
Gli attivisti per i diritti civili si sono battuti in tutto questo tempo affinché l’innocenza del ragazzo venisse fuori. Solo oggi, a distanza di 70 anni, è emersa una verità sconcertante: il ragazzino, allontanato brutalmente dai genitori per essere interrogato dalla polizia, aveva ammesso l’omicidio.
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