Il Pontefice arriva quando il ricordo dell’attentato di Parigi è ancora fresco, coinvolgendo due Paesi dove la violenza di stampo religioso è un perenne rischio.
Il secondo viaggio asiatico del pontefice, dopo quello in Corea del Sud, inizierà domani da Colombo, dove 25 mila poliziotti saranno impiegati nei tre giorni della sua permanenza. Con uno Sri Lanka dove l’ex presidente Mahinda Rajapaksa ha appena perso il potere nelle elezioni di giovedì scorso, l’ipotesi di violenze politiche non è esclusa dagli analisti.
Negli ultimi anni, la maggioranza buddista si è fatta sempre più aggressiva nei confronti della minoranza musulmana, anche se il 7 per cento di cattolici non è stato coinvolto nelle tensioni. Particolare attenzione verrà data alla messa di mercoledì sul lungomare della capitale, dove ci si attende fino a un milione di persone.
Preoccupazioni maggiori vengono dai cinque giorni che il Santo Padre trascorrerà nelle Filippine, dove l’80 per cento dei 100 milioni di abitanti è cattolico. E’ stato proclamato lo stato di “massima allerta”: il presidente Benigno Aquino ha approntato un servizio di sicurezza composto da 25 mila poliziotti e oltre 7 mila militari, con altri 6 mila riservisti pronti all’evenienza.
E sarà allerta anche nei cieli: nei giorni dell’arrivo e della ripartenza da Manila, ma anche in quelli di visita nella città di Tacloban distrutta dal ciclone Haiyan, sono stati cancellati circa 160 voli principalmente interni, ma alcuni anche per l’estero.
L’evento più a rischio è quello di domenica a Manila, quando il pontefice terrà una messa al parco Rizal che potrebbe vedere la presenza di sei milioni di persone, diventando così la cerimonia religiosa più grande di sempre. Il calore dei filippini – la visita di papa Francesco già domina i media e ha dato vita a un boom dei souvenir collegati al viaggio – rende la strategia di sicurezza ancora più complicata, ancor più perché Bergoglio ha rinunciato alla “papamobile” antiproiettile proprio per stare più vicino ai suoi fedeli.
Il luogo della celebrazione sarà sorvegliato anche da 100 cecchini, mentre in alcune strade della capitale sono già state erette barricate di cemento per contenere l’accalcarsi della folla. I precedenti delle Filippine nelle altre visite papali non sono però incoraggianti. Nel 1995 il protocollo di sicurezza di Papa Woityla fu sconvolto all’ultimo, con uno spostamento in elicottero fuori programma per le strade intasate. E nel 1970, Paolo VI scampò miracolosamente a un accoltellamento all’aeroporto. Nel sud dell’arcipelago, dove è presente una nutrita comunità musulmana, operano inoltre diversi gruppi ribelli islamici che negli ultimi decenni hanno portato avanti una lotta separatista costata decine di migliaia di vittime.
Sebbene di recente sia stato raggiunto un accordo di pace con il gruppo principale, i militanti più radicali come quelli di Abu Sayyaf – per quanto poco numerosi – rimangono imprevedibili. Le autorità di Manila, inoltre stimano che un centinaio di ribelli islamici filippini siano andati ad addestrarsi con l’Isis in Siria e in Iraq.
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