Non ci sono soltanto persone che partono per abbracciare la causa dell’Isis, esistono anche miliziani che rimangono delusi dalla vita dello Stato Islamico. Le esecuzioni, la brutalità e l’orrore che contraddistinguono l’operato dell’Isis convincono sempre più militanti a rinunciare al jihad e a fuggire dal cosiddetto califfato. È il caso di Abu Ibrahim, un australiano convertito all’Islam, che a Cbs News ha raccontato di come si è unito all’Isis e ha poi deciso di abbandonarlo, dopo aver assistito alla decapitazione di ostaggi occidentali «non combattenti e quindi innocenti». L’uomo ha raccontato di essersi arruolato nell’Is perché voleva vivere in una regione governata in base ai principi dell’Islam. Ma quando si è reso conto della realtà, ha deciso di ripartire. «Non condividevo – ha spiegato – alcune delle politiche adottate, come la decapitazione di non combattenti e quindi innocenti». «Il motivo per cui sono andato via – ha continuato – è che sentivo che non stavo facendo quello che ero venuto a fare, cioè aiutare il popolo siriano, da un punto di vista umanitario. Ero diventato qualcos’altro e quindi non era più giustificato che io stessi lontano dalla mia famiglia».
QUI IL VIDEO DELL’INTERVISTA: [url”LINK 1″]http://www.9news.com.au/world/2015/02/12/17/46/aussie-isis-fighter-who-defected-over-killing-of-westerners-gives-inside-storyarticle[/url] – [url”LINK 2″]http://www.dailytelegraph.com.au/news/australian-is-defector-abu-ibrahim-left-because-he-was-unhappy-with-killing-of-western-hostages/story-fni0cx4q-1227217510104[/url]
Abu Ibrahim ha spiegato di aver combattuto per sei mesi nelle file dell’Isis. «Molti, quando arrivano, sono entusiasti di quello che hanno visto online o su YouTube – ha dichiarato – Vedono qualcosa di molto più grande di quanto sia in realtà. Non sono tutte parate militari o vittorie». L’australiano racconta di aver assistito a «crocifissioni» e alla lapidazione di presunti «adulteri». Non è tuttavia questo che lo ha sconvolto. «È crudele, è vero – dice – ma questa è la sharia». Per l’ex militante dell’Is è giustificata anche la presenza di una polizia religiosa. «La loro presenza – ha affermato – fa da deterrente ai furti o ai comportamenti sbagliati e serve a controllare che non si ascolti musica o che le donne siano coperte in modo appropriato o che gli uomini si facciano crescere la barba». Abu Ibrahim era soddisfatto anche del modo in cui lo Stato Islamico provvede ai suoi uomini, fornendo loro un alloggio, cibo e denaro. «Inizialmente erano 50 dollari al mese – ha spiegato – ma durante l’inverno si arrivava a 100 dollari, per poter comprare abiti pesanti o articoli per la casa. Viene fornito il riscaldamento per ogni casa e le coppie hanno una casa tutta per loro».
A non convincere Abu Ibrahim erano invece le esecuzioni di innocenti, soprattutto di ostaggi occidentali che non erano lì per combattere. Ma provare a lasciare il califfato non è facile e ha gravi conseguenze. «Le restrizioni per chi vuole andar via ti fanno sentire come in una prigione – ha affermato – Non puoi lasciare il paese. Io stesso ho rischiato, se mi avessero preso, di essere arrestato e messo sotto interrogatorio». Nei giorni scorsi il quotidiano Sueddeutsche Zeitung ha riportato le testimonianze di ‘foreign fighter’ tedeschi dell’Is pentiti e rientrati in Germania. I loro racconti testimoniano il clima di paura e sospetto e la spietatezza che contraddistinguono le milizie dell’Isis, che sequestrano agli stranieri passaporti e cellulari e li picchiano o li uccidono se si rifiutano di consegnarli. Chi è sospettato di spionaggio viene torturato e decapitato, mentre chi prova a lasciare il fronte senza il permesso scritto di un emiro viene ucciso immediatamente. Molti vengono sottoposti a brutali prove di coraggio, come uccidere innocenti, solo per dimostrare di essere pronti a eseguire qualunque ordine dei superiori.