La dichiarazione di Abdullah Ocalan, che ieri ha chiesto al suo PKK di rinunciare alla lotta armata in un imminente congresso, con ogni probabilità nella grande festa curda del 21 marzo, è un fatto epocale per significato e possibili conseguenze, ma non ha destato grande interesse.
Ovvio, non è una brutta notizia. Ma la primavera non è ancora arrivata: che rondine sarà?
A guardar bene i presupposti per un accordo storico ci sono tutti.
Erdogan guarda alle elezioni di giugno, e cerca una maggioranza ampia, che gli consenta di cambiare la costituzione in senso presidenziale. Anche Ocalan guarda al testo costituzionale, dove vorrebbe riconoscimenti e autonomia per i curdi. Un accordo prima del voto aiuterebbe entrambi.
Aiuterebbe anche chi guarda con preoccupazione ai chiamiamoli ammiccamenti di Erdogan all’ISIS. E’ chiaro che il leader turco teme l’indipendentismo curdo: toglierlo dal tavolo lo rasserenerebbe, consentendogli di riavvicinarsi al resto del mondo dopo la sua deriva autoritaria e “isista”.
Rasserenerebbe anche i turchi, che sono nazionalisti e certo non amano l’idea di indipendenza curda.
Il momento per la grande svolta potrebbe essere maturo, la follia Isis contribuirebbe dunque a dare frutti inversi al suo orrore. Un raffreddamento delle vie illegali turche peserebbe molto
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La scarcerazione di Abdullah Ocalan è all’ordine del giorno. Non rendersi conto di cosa significhi è proprio curioso.
Nonostante la deriva autoritario psicanalitica degli ultimi anni (basti vedere qualche foto del suo palazzo presidenziale) Erdogan dimostra di essere pronto a fare politica. E anche Ocalan.