Adesso che c’è di mezzo l’Isis i media occidentali, anche quelli italiani, hanno scoperto l’esistenza del campo profughi palestinese di Yarmouk. Qualche mese fa la scoperta della resistenza curda a Kobane. Michele Giorgio di Nena-News si chiede: ma quei palestinesi cosa ci fanno in Siria? “La risposta è semplice e immediata: sono in Siria, in esilio assieme ad altri cinque milioni di profughi palestinesi sparsi tra vari Paesi arabi, Cisgiordania e Gaza, perché viene loro impedito di tornare nella terra d’origine. Israele non permette e, sottolinea, mai permetterà ai profughi palestinesi del 1948 e ai loro discendenti, di rientrare alle città e ai villaggi dai quali furono cacciati o costretti a fuggire (Nakba) 67 anni fa. Nonostante la risoluzione 194 dell’Onu affermi il loro «diritto al ritorno» oltre ad ottenere un risarcimento economico per i beni e le proprietà perdute”.
Così, con buona pace del diritto internazionale, uomini donne e bambini sono costretti a vivere in campo profughi, lontani delle terre di origine. In balia delle violenze e dei conflitti. “…se altri profughi, inclusi i milioni di siriani fuggiti in Giordania, Libano e Siria, sanno che presto o tardi torneranno a casa, i palestinesi la loro terra continueranno a sognarla e a raccontarla ma non a viverla. A Israele nessuno imporrà il rispetto della risoluzione 194”.
Quando si vedono scorrere le immagini di Yarmouk e si parla dell’Isi, si pensi a queste frasi semplici. E al diritto internazionale che dovrebbe essere uguale per tutti e non arma a favore di alcuni.