La Cina a Israele: i nostri lavoratori non vanno impiegati nelle colonie

Negoziato tra Pechino e Tel Aviv per l’ingresso di migliaia di lavoratori cinesi. Dietro l’immigrazione straniera sta l’enorme business delle società private israeliane.

La Cina a Israele: i nostri lavoratori non vanno impiegati nelle colonie
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9 Giugno 2015 - 10.10


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“Dopo la diminuzione di lavoratori palestinesi in Israele, a seguito della Seconda Intifada, della costruzione del muro e dell’implementazione del complesso sistema dei permessi, Israele si è rivolto all’Asia e all’Est Europa per sostituire – soprattutto nel settore delle costruzioni – i muratori e gli operai palestinesi, attraverso accordi bilaterali con Romania, Moldavia, Bulgaria, Thailandia e Sri Lanka. In breve tempo si è venuto a creare un sottobosco di aziende e società che gestiscono l’assunzione e l’arrivo per periodi limitati di lavoratori stranieri, grazie agli appalti generosamente forniti dal governo israeliano. Ogni lavoratore straniero paga alla società israeliana una quota (tra i 5mila e i 6mila dollari) per poter accedere al mercato del lavoro israeliano. Per questo i contratti non superano i 5 anni: una volta che il lavoratori è costretto ad andarsene, un altro lo sostituisce oliando costantemente la macchina del business interno”. Spiega così in modo molto preciso il sito di informazione [url”Nena news”]http://nena-news.it/israele-cina-i-nostri-lavoratori-non-vanno-impiegati-nelle-colonie/[/url] il braccio di ferro fra il governo di Netanyahu, rieletto il 17 marzo e quello di Pechino che ha detto molto chiaramente che i lavoratori cinesi immigrati in Israele non devono essere impiegati nelle colonie nei Territori Occupati.

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Israele infatti vuole intensificare il lavoro per la costruzione di colonie in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Ma questo è considerato illegale dal diritto internazionale. Come racconta sempre Nena news, “lo scorso anno la quota massima di lavoratori stranieri da impiegare in Israele era stata aumentata dal governo da 8mila a 15mila unità. Oggi sarebbero circa 45mila gli operai arrivati da fuori il paese”. E ha registrato uno scandalo, infatti “l’organizzazione israeliana per i diritti dei lavoratori, Kav LaOved, ha raccolto testimonianze di immigrati costretti a pagare commissioni di 30mila euro alle compagnie che ne hanno permesso l’ingresso in Israele, una grave violazione della stessa legge israeliana. E un modo per ricattare il lavoratore: in media un muratore guadagna 1.550 dollari al mese: per poter coprire tale quota è costretto a restare legato al contratto con la compagnia per anni”.

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