Il 'pasticciaccio' di Brasilia

Lula, salvato (forse) da un incarico ad personam. Una vicenda torbida di corruzione politica all’ombra dei poteri e del gigante energetico di Stato Petrobras. [Flavio Fusi]

Il 'pasticciaccio' di Brasilia
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18 Marzo 2016 - 14.10


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di Flavio Fusi

Non ci posso credere! Luiz Inacio Lula da Silva, il nostro Lula, salvato (forse) da un incarico ad personam scippato nei meandri del palazzo presidenziale di Planalto. Come un Berlusconi qualsiasi. Non ci posso credere: da Rio de Janeiro a San Paolo, folle in piazza che chiedono la messa in stato di accusa dell’ icona della sinistra brasiliana. E ancora: un giudice che diffonde intercettazioni non autorizzate, la “presidenta” Dilma Roussef che denuncia un golpe contro le supreme istituzioni. Il bel sogno brasiliano che si trasforma in questi giorni in una mischia furibonda di tutti contro tutti.

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E’ la solita vecchia storia, la maledizione del continente e del pianeta terra. Una vicenda torbida di corruzione politica all’ombra dei poteri e del gigante energetico di Stato Petrobras. Miserie, come al solito: mazzette, confessioni e denunce ottenute in cambio di sconti di pena, ministri a libro paga, forse un appartamento pagato al leader della sinistra brasiliana. In questa mischia, la “presidenta” decide di giocare la “mossa del cavallo”: sceglie Lula nel ruolo centrale di responsabile della Casa Civil, una sorta di super-ministero sottratto secondo legge all’ azione della magistratura federale. Il nuovo aggiustamento al vertice del potere avrebbe anche il doppio effetto di funzionare come scudo per l’attuale presidente, su cui incombe minacciosa la mannaia dell’ impeachment. La magistratura blocca per ora la nomina di Lula, e il governo grida al complotto, accusa di mire politiche il giudice Sergio Moro, spregiudicato titolare dell’inchiesta “Lava Jato”, che sta mettendo in croce i leader della sinistra al potere dal 2003.
Certo, qui tutti giocano sporco. Ma si stringe il cuore davanti alle immagini trasmesse dalle reti televisive brasiliane. Dilma Rousseff – l’ ex guerrigliera che fu torturata nelle carceri della dittatura brasiliana – appare pallida e tragica come una Lady Macbeth caraibica. E il padre della patria, il metalmeccanico indomito Lula da Silva, è macchiato in volto, invecchiato, rabbioso.

Il tempo –ahimè – non è gentiluomo. Tredici anni fa, lo stesso personaggio infiammava le piazze di un Paese disperato in cerca di riscatto. Lo abbiamo visto, Lula, nel 2002, lo abbiamo seguito nella sua cavalcata vittoriosa verso la presidenza brasiliana. Eravamo ai suoi comizi, tra la folla entusiasta di Rio De Janeiro e di San Paolo. Un fiume di popolo, e un uomo vigoroso, pieno di coraggio e di volontà. Un capo naturale, indomito e incorruttibile. E anche il Brasile di Lula, in questi anni, è stato un modello di crescita economica e di progresso sociale. Un Paese leader del continente e nel mondo, prima che la stella si offuscasse. Certo, Dilma, la prescelta per la successione, non è stata all’altezza. Certo, il miracolo brasiliano si è fermato. Certo, la destra sogna e lavora per una sanguinosa rivincita. Ma oggi il tarlo della corruzione sporca una grande storia, politica e umana. E nel palazzo presidenziale di Planalto va in scena una fosca tragedia shakesperiana.
Sorpresa: nel nostro piccolissimo Paese, che vive sempre di riflesso i veri drammi del mondo, Giuliano Ferrara, l’oplita in servizio permanente ed effettivo davanti al sarcofago di Silvio Berlusconi, confessa un (moderato) tifo per Luiz Inacio Lula da Silva. Contro i giudici carogne, naturalmente. Non ci posso credere.

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