Mentre l’Europa finiva avvolta nel terrore degli attentati terroristici, in Gran Bretagna ha avuto inizio un’altra guerr adi cui presto parlereremo tutti: è il confronto fra quanti vogliono che Londra abbandoni l’Unione europea e quelli che invece a partire dal premier David Cameron si battono per rimanere in un’ Europa riformata,Chi vincerà in questa battaglia, e con quali costi ?
Timothy Garton Ash[b/], ha recentemente scritto che “una nuova battaglia di Gran Bretagna è cominciatae dal suo esito dipenderanno i destini di due unioni : il Regno Unito e l’Unione Europea. Se il voto inglese sarà per lasciare l’Unione europea, gli scozzesi voteranno per lasciare il Regno Unito, e non ci sarà più la Gran Bretagna. Nel frattempo, lo shock di una “Brexit” per un continente che sta già barcollando sotto molte altre crisi potrebbe significare l’inizio della fine anche per l’Unione europea”.
Il professor Ash in realtà si schiera per il rimanere in Europa anche perché, scrive lui, i soli beneficiari del risultato opposto sarebbero il presidente russo Putin, e la leader del Fronte Nazionale francese, Marie Le Pen. “C’è altro da dire? , si chiede, pensando che questo possa essere abbastanza per spingere i britannici a pensarci due volte prima di votare “fuori” nel referendum del 26 giugno.
Il diritto di voto a prossimo referendum viene riconosciuto ai cittadini britannici: ai residenti nel Regno Unito, ai residenti all’estero da meno di 15 anni e poi ai cittadini di Irlanda, Malta e Cipro residenti nel Regno Unito, ai cittadini del Commonwealth residenti nel Regno Unito ed a quelli del Commonwealth cresidenti a Gibilterra. Tutti costoro, insieme agli immigrati sono sotto il fuoco della campagna in/out e del timore di quanto potrebbe accadere alla Gran Bretagna se la maggioranza dicesse: fuori!
Sotto questo aspetto, tutto riguarda i soldi e la domanda “quanto mi costa”, e la squadra dell’ [b]“Economist” ha analizzat le ragioni economiche pro e contro la UE. Le due campagne sono state intitolate “La Gran Bretagna più forte in Europa” e “Vota Leave”, e sono suscettibili di formare i gruppi di pressione ufficiali . Nella tabella che mostra i punti principali di in / outil periodico ha presentato cinque aree di interesse.
La prima è il commercio: gli attivisti del “Bremain” dicono che la Londra già evita tariffe e burocrazia il 45% delle esportazioni britanniche dirette verso la UE (altri parlano addirittura di una percentuale superiore al 50%). Per loro, come un membro dell’Unione la Gran Bretagna può ottenere migliori condizioni commerciali. Per gli “outers”, invece, la Gran Bretagna potrà negoziare un nuovo rapporto UE senza essere vincolata dal diritto comunitario e garantirsi accordi commerciali con altri Paesi importanti come Cina, India e Stati Uniti d’America.
Poi si parla di bilancio: le stimedicono che in Gran Bretagna ogni famiglia paga la UE 340 sterline l’anno, a fronte di una stima di 3, 000 sterline di beneficio annuale di appartenenza. Gli “outers” sostengono invece dice che la Gran Bretagna può interrompere l’invio di 350 milioni di sterline settimanali a Bruxelles, pari a metà del bilancio della scuola,e questo denaro potrebbe essere speso per la ricerca scientifica e nuove industrie.
Quanto ai regolamenti, quello europeeo riporta 28 norme nazionali ad un unico standard , riducendo la burocrazia e avvantaggiando gli affari , e la Gran Bretagna può ancora lottare per una migliore regolamentazione; gli “outers” condannano questa la tesi, e pensano che in caso di “Brexit” Londra riavrà il controllo su settori quali il diritto del lavoro e della salute e di una questione delicata come l’immigrazione, mentre la parte opposta sostiene che la “Brexit” non ridurrà l’immigrazione.
Ancora: per quanti propugnano l’uscita, la Gran Bretagna può cambiare il sistema “espansivo e fuori controllo” provocato dall’Unione e bloccare gli immigrati extracomunitari. Infine, per quanto riguarda l’ influenza, i “comunitari” credono che la Gran Bretagna come membro dell’Unione Europea abbia influenza doppia , mentre gli “outers” dicono che ha poco peso all’interno dell’UE, e se ne uscisse potrebbe riguadagnare posizioni nelle istituzioni internazionali ed esercitatre un’influenza più forte nel libero commercio e la nella cooperazione.
La verità è che nessuno può prevedere cosa accadrà dopo un’eventuale “Brexit” dal momento che nessuno ha mai fatto questo passo nella storia del progetto europeo. In generale, entrambi i poli della campagna referendaria hanno i loro argomenti, e specie dopo tante crisi (misure di austerità, immigrazione, Grexit, e ultimamente il terrorismo sul suolo UE) gli “outers” dispongono di un terreno molto solido per vincere questa battaglia. I conservatori ed i loro seguaci pensano tradizionalmente che la Gran Bretagna stia con l’Europa, ma non sia dell’ Europa, come una volta disse Winston Churchill. Inoltre da anni la Ue sta inviando messaggi profondamente sbagliati e la maggior parte dei paesi europei pensa che nessuno bisogno di una UE in questa forma. Questo significa che il progetto dell’Unione deve finire oppure che sta per essere radicalmente riformato?
La maggior parte attivisti peraltro continua a diffondere paure come confetti : “ Attenzione ai quattro cavalieri dell’Apocalisse – ha scritto Rem Korteweg – i quattro spettri che cavalcano per l’ Europa sono quattro la crisi finanziaria greca; l’immigrazione clandestina nel Mediterraneo; l’ aggressione russa e la minaccia la della Gran Bretagna. Uno di questi potrebbe dominare l’agenda vertice UE: ciascuno potrebbe alterare il carattere fondamentale dell’Unione”.
Forse ha ragionen sul fatto che la Russia ha creato così tanti problemi nella vendita di gas ai consumatori europei, e la situazione di oggi ha reso difficile investire nelle economie dell’UE senza una guerra commerciale. Tutto questo però corrisponde ad un legittimo interesse nazionale russo, e da questo punto di vista Mosca non fa che esercitare la propria volontà come potenza mondiale. In questa prospettiva ha dato vita anche all’Unione euroasiatica, che dal suo punto di vista equivale ad un progetto europeo destinato a svanire o ad essere riformato.
La Gran Bretagna, peraltro, non si è mai sentita parte del progetto europeo, e nel corso della storia lo ha dimostrato in varie occasioni: “Gli inglesi non hanno mai amato il progetto europeo, anzi sono stati noti per il loro istintivo euroscetticismo . Sono sempre stati un partner scomodo che aveva aderito solo a malincuore e non ha mai abbracciato pienamente la visione più ampia che ha unito Berlino, Parigi e Roma, né ha adottato la moneta unica”, ha scritto l’economista Paul Krugman in un’editoriale sul “ New York Times”,e questo no va addebitato tanto alla mancanza di passione quanto al pragmatismo per cui la Gran Bretagna è famosa.
Soprattutto, si deve tenere a mente che anche gli inglesi tradizionalmente conservatori non si sono mai sentiti riluttante a immigrazione e cambiamenti demografici :’Il dato più recente disponibile colloca il saldo migratorio in Gran Bretagna a un livello record annuale di 330.000 nuovi ingressi – ha scritto Krugman, ed anche lui conclude che “una “Brexit” sarebbe disastrosa per il progetto europeo, ma alla fine farebbe un bel po’ di male anche alla Gran Bretagna”.
“La Gran Bretagna ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno della Gran Bretagna “, ha aggiunto poi Krugman in un’ intervista Business Insider, pur esssendo stato uno dei più grandi critici della disastrosa politica dell’ austerità che ha dato risultati catastrofici per l’Europa meridionale. Ma, dal suo punto di vista dell’UE deve cambiare, invece di essere smantellata.
Nel dibattito, la sicurezza è entrata come argomento di grande forza per quanti si battono per una “Bremain”: a Londra conviene essere parte dell’Unione europea della sicurezza in quanto l’Europa è entrata in un periodo molto lungo di terrorismo. In breve, in questi prossimi mesi il dibattito sui quesiti referendari in realtà sarà una vera e propria battaglia contro le paure più che sui ragionamenti di economia reale. Una cosa è certo, se davvero ci sarà una “Brexit”allora il progetto UE potrà riporre la sua chiave con conseguenze senza precedenti, anche dal punto di vista della guerra al terrorismo. Ed in caso si sfaldasse, come potrebbe fare l’Europa a vincere la guerra al terrore?
Magari, gli inglesi sanno (come al solito) qualcosa di più di altri e stanno cercando di abbandonare la nave prima che affondi. Se così fosse, non si pbtrebbe biasimarli per il loro pragmatismo, specie a causa del fatto che l’UE ha avuto un tempo molto lungo per affrontare le circostanze e modificare le sue politiche, offrendo una vita migliore e più sicura ai suoi cittadini.
(Marina Ragush)