Nepal, a un anno dal terremoto 600mila famiglie sfollate e pochi progressi

Save the Children: 'Le comunità più marginalizzate sono rimaste escluse dagli aiuti'. Agire: 'Il 54% della popolazione sfollata vive ancora in ricoveri temporanei'.

Terremoto in Nepal
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21 Aprile 2016 - 12.20


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A pochi giorni dal terremoto in Ecuador, ricorre un triste anniversario: quello delle scosse sismiche che, il 25 aprile e il 12 maggio di un anno fa, devastarono il Nepal, uccidendo quasi 9 mila persone e danneggiando oltre 1 milione di abitazioni. Diverse organizzazioni fanno oggi il punto della situazione, tracciando un bilancio della propria attività e descrivendo la situazione del Paese.

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A un anno dal terribile terremoto, un rapporto di Save the Children sottolinea che 600 mila famiglie sfollate vivono ancora in alloggi temporanei coperti da teloni, sotto ponti o in edifici non sicuri perché non hanno un alloggio permanente.

Save the Children è entrata in azione in meno di 24 ore dal violentissimo terremoto, fornendo materiali di soccorso alle popolazioni colpite, distribuendo acqua e cibo e garantendo loro accesso all’assistenza sanitaria, ai servizi igienici, agli alloggi temporanei e all’istruzione. L’Organizzazione ha finora raggiunto oltre 580 mila persone colpite, la metà delle quali sono bambini, e continua a lavorare nella regione offrendo il maggior supporto possibile. Durante l’emergenza (grazie anche alla generosità di migliaia di italiani e a quella di alcune aziende che hanno voluto essere al fianco dell’organizzazione), ha costruito 586 Centri temporanei di apprendimento, distribuito più di 27 mila kit igienici e riparato 238 impianti idrici, il 46% dei quali era stato danneggiato dalle forti scosse. Grazie all’Organizzazione, più di 190 mila bambini sono riusciti a tornare a scuola.

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“Nonostante gli importanti risultati raggiunti rispondendo ai bisogni urgenti della popolazione nella fase acuta dell’emergenza, la priorità è ora cominciare il processo formale di ricostruzione – afferma l’organizzazione -. Molte comunità vivono ancora in alloggi di fortuna o nei rifugi temporanei forniti mesi fa dalle organizzazioni di aiuto e, dopo un inverno molto rigido, si preparano ad affrontare la prossima stagione dei monsoni, che inizierà a giugno”.

E Delailah Borja, direttore di Save the Children in Nepal, precisa: “Il programma di ricostruzione deve iniziare il prima possibile. Save the Children ha pronto da mesi un progetto dedicato, che comprende la formazione di 6 mila muratori per ricostruire rispettando i criteri di sicurezza e la distribuzione di sovvenzioni in denaro a 6 mila famiglie vulnerabili, per un valore di 12 milioni di dollari, che permetterà loro di cominciare a ricostruire le loro abitazioni. Appena avremo il via libera, saremo pronti a partire”.

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Il rapporto presentato da Save the Children (“Did the humanitarian response to the Nepal earthquake ensure no one was left behind?”) analizza l’efficacia della risposta all’emergenza e, in particolare, come la distribuzione degli aiuti abbia raggiunto i gruppi più vulnerabili nel Paese. Secondo quanto risulta dal rapporto, fin dai primi momenti, il programma di intervento all’emergenza ha dovuto fare fronte a profonde difficoltà logistiche, conseguenza inevitabile di un disastro di queste proporzioni in una regione prevalentemente montagnosa. La conformazione geografica del Nepal, le cattive condizioni delle strade e la carenza di carburante hanno contribuito a rendere ancora più difficile raggiungere le comunità più isolate e vulnerabili.

Sos Villaggi dei bambini: “Difficile parlare di progressi. E il Paese continua a tremare”. L’intervento di Sos Villaggi dei bambini si è concentrato sulla creazione di “Spazi a Misura Bambino”, proteggendo e offrendo assistenza ai bambini rimasti soli, sul ricongiungimento di bambini e ragazzi con le famiglie d’origine, sul fornire aiuti umanitari alle famiglie in difficoltà.

“Abbiamo avviato programmi di ‘Sostentamento’ per i bisogni di base delle famiglie e programmi di ‘Cura parentale’ per i nuclei più vulnerabili. Abbiamo consegnato ‘Home in a box’ per distribuire coperte, materassi e oggetti per la casa persi durante il terremoto e avviato programmi per ricostruire le scuole e le case distrutte. L’obiettivo era finalizzato a garantire un impatto a lungo termine su famiglie e bambini”, afferma l’organizzazione.

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Ecco una sintesi di alcuni dei risultati ottenuti: spazi a Misura Bambino, in 25 località, che hanno accolto più di 2 mila bambini; sostegno a 37 bambini non accompagnati; programma “sostentamento” per 225 famiglie (per ripristinare il loro reddito e farli diventare autosufficienti); “Home in a Box” a 541 famiglie; programma di “Cura parentale” per 53 bambini, ogni mese; donazioni in denaro a 548 famiglie; ricostruzione di 12 scuole statali danneggiate e fornitura di materiale scolastico a 9 mila bambini; 1.421 studenti delle scuole statali hanno ricevuto sostegno per coprire il costo dell’iscrizione

“E’ difficile parlare di progressi – racconta Elitsa Dincheva di SOS Villaggi dei Bambini Germania -. La maggior parte delle vittime del terremoto vivono ancora in rifugi temporanei, vicino alle loro case danneggiate. La ricostruzione del Paese è stata lenta. Il governo ha promesso di dare 200 mila rupie (circa 1.663 euro) a ogni famiglia che ha perso la casa, ma sono ancora tutti in attesa. Il governo nepalese è stato molto lento nel fornire aiuti. Persone anziane e bambini hanno perso la vita durante l’inverno per la mancanza di un riparo adeguato. Questo è inaccettabile. I nostri beneficiari vivono ancora in condizioni difficili ma hanno almeno ritrovato la speranza. Questa è la differenza principale tra le persone sostenute nei nostri programmi e coloro che non ricevono alcun aiuto”.

L’intervento delle ong di Agire. Anche Agire (Agenzia italiana risposta alle emergenze) scatta una fotografia degli aiuti forniti dalle 7 Ong della rete (ActionAid, Cesvi, Gvc, Intersos, Oxfam, Sos Villaggi dei Bambini, Terre des Hommes) che si sono attivate all’indomani del sisma: 280 mila persone soccorse, “ma tanto c’è ancora da fare”.

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“Oltre 1,4 milioni di euro furono raccolti in più di un mese e destinati alla ricostruzione e al miglioramento delle condizioni di vita con progetti specifici in 10 dei distretti più danneggiati – sottolinea Agire -, in particolare nelle zone montane più remote e vicine all’epicentro”. Le Ong di Agire si sono attivate in 5 settori di intervento: il 62% delle risorse sono state destinate alla prima emergenza e alle distribuzioni, il 14% ai ripari temporanei, l’11% ha permesso riabilitazioni e ricostruzioni, l’8% ha sostenuto progetti di educazione e protezione dell’infanzia e delle donne, il 5% interventi igienico-sanitari. Agire assicura di aver “garantito un utilizzo dei fondi della massima efficienza, assegnando ben il 91% dei fondi direttamente ai progetti, un 1% al monitoraggio e alla valutazione dell’impatto degli interventi sul campo e solo l’8% ai costi di supporto”.
E oggi? Oggi il 54% della popolazione sfollata vive ancora in ricoveri temporanei, spesso, vicino alle case crollate, il 43% è potuta rientrare nella proprie abitazioni, l’1% è ospitato da amici o parenti e solo l’1% vive nelle tende dei campi allestiti dopo terremoto. “Percentuali positive – osserva Agire – se confrontate con il devastante terremoto di Haiti del 2010, dove a un anno di distanza su tre milioni di persone colpite, oltre un milione e mezzo viveva in tendopoli senza servizi e un’epidemia di colera imperversava tra gli sfollati”. Tuttavia, in Nepal la ricostruzione non è ancora cominciata e “finora sono state proprio le Ong locali e internazionali a dare il maggior contributo dopo il terremoto”.

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