Fuga crescente dalle rappresaglie di Recep Tayyip Erdogan anche e soprattutto per i numerosi militari turchi distaccati presso l’organizzazione della Nato: a riferirlo e’ stato il segretario generale dell’Alleanza in persona, Jens Stoltenberg. “E’ esatto”, ha risposto Stoltenberg a una domanda al riguardo, rivoltagli a margine della conferenza sul partenariato transatlantico, cui ha presenziato in giornata a Bruxelles. “Diversi ufficiali turchi che lavorano nella struttura di comando della Nato hanno chiesto asilo negli Stati membri ove prestano servizio”, ha spiegato, senza peraltro specificare di quali si tratti. Le istanze, si e’ limitato ad aggiungere, “saranno valutate e decise” da ciascun governo cui sono state rivolte, poiche’ si tratta di una prerogativa nazionale, che si fonda sul diritto interno. “Nella struttura di comando alleata”, ha proseguito Stoltenberg, “abbiamo assistito a diversi avvicendamenti, tramite i quali il personale turco e’ stato cambiato.
Si tratta di una decisione nazionale della Turchia stabilire chi debba occupare le posizioni di propria spettanza. Io”, ha tagliato corto a questo punto l’ex primo ministro norvegese, “mi aspetto occupi tutti i posti che le competono”.
Stoltenberg ha infine confermato che domenica sara’ a Istanbul per partecipare alla prevista riunione dell’Assemblea Parlamentare dell’Alleanza Atlantica, davanti alla quale prendera’ la parola il giorno seguente. Sara’ la sua seconda visita in territorio turco, dopo quella ad Ankara dell’8 e 9 settembre scorsi, successiva al fallito colpo di stato militare del 15 luglio contro Erdogan. Da allora e’ stato proclamato lo stato di emergenza, tuttora in vigore, che ha portato a decine di migliaia tra arresti, epurazioni, licenziamenti e sospensioni in tutti i rami della pubblica amministrazione, con le Forze Armate e la Polizia prese piu’ che mai di mira insieme a magistratura e istruzione, per presunta complicita’ con i golpisti: e in particolare con Fetullah Gulen, il predicatore islamista arci-nemico del leader di Ankara, al quale pure fu vicinissimo fino al 2013.
Gulen, 76 anni, dal 1999 in esilio volontario in Pennsylvania, e’ accusato di essere il vero mandante del mancato colpo di mano, e piu’ volte ne e’ stata chiesta l’estradizione agli Usa, che finora l’hanno peraltro sempre negata, indirettamente alimentando ancora di piu’ le ritorsioni nei confronti dei suoi supposti seguaci. Per quanto riguarda i militari, uno dei casi piu’ clamorosi rimane quello degli otto tra ufficiali e sottufficiali che, nelle stesse ore in cui il golpe precipitava nel nulla, fuggirono a bordo di un elicottero ad Alessandropoli, citta’ della Grecia orientale situata ad appena 15 chilometri dalla frontiera comune: tutti hanno chiesto asilo, ma se lo sono visti rifiutare dalle autorita’ elleniche, che nel frattempo avevano gia’ restituito ad Ankara il velivolo. Il 25 ottobre scorso gli otto hanno peraltro depositato ricorso, e la loro sorte resta cosi’ in bilico.
Un esempio più recente di defezioni risale invece all’inizio del mese in corso: stando a quanto riferito dall’emittente radiofonica regionale pubblica ‘Swr’, che citava fonti riservate della locale Prefettura, hanno appena presentato domanda di asilo in Germania alcuni tra i soldati turchi, in totale una trentina circa, di stanza presso la base aerea di Ramstein, situata nel Land sud-occidentale tedesco della Renania-Palatinato, una decina di chilometri a ovest di Kaiserslautern, e utilizzata proprio dalla Nato, oltre che dagli Usa e da altri Paesi alleati. Analoghe istanze sono state depositate dai rispettivi familiari, e le relative pratiche sono gia’ al vaglio dell’Ufficio federale per l’Immigrazione e i Rifugiati.
Non si conoscono il numero esatto dei richiedenti ne’ le motivazioni addotte, anche se appare scontato che siano collegate appunto alla vera e propria caccia alle streghe che prosegue in patria. Nel caso di specie, si tratterebbe a quanto sembra di coscritti che a breve sarebbero dovuti rientrare a casa per la normale turnazione, che per gli interessati rischiava pero’ di trasformarsi in una trappola. L’Unione Europea, nella quale Ankara da anni preme per entrare, e la stessa Nato hanno piu’ volte sollecitato Erdogan a garantire lo stato di diritto, i valori, i principi e le liberta’ che costituiscono le fondamenta del rapporto tra alleati:
Stoltenberg lo ha anzi ribadito ancora oggi da Bruxelles, invitando la Turchia al “rispetto delle regole”.
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