Il rapporto Unicef – Silent Shame – è spaventoso e fotografa un quadro della situazione allarmante: Il gruppo radicale islamico Boko Haram si serve sempre più spesso di bambini per realizzare i propri attacchi con ordigni esplosivi.
Secondo l’organizzazione umanitaria il numero di attentati messi a segno dall’inizio dell’anno già supera il totale del 2016. 27 bambini utilizzati come bombe da Boko Haram nei primi tre mesi di quest’anno, il triplo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: 117 minori si sono fatti esplodere su ordine di Boko Haram, negli ultimi quattro anni, tra Niger, Camerun, Ciad e soprattutto Nigeria, l’epicentro del conflitto che in otto anni ha causato 20.000 morti e oltre due milioni e mezzo di rifugiati. In circa l’80% dei casi le bombe erano legate ai corpi di bambine che a volte venivano drogate prima della missione.
Oggigiorno, ha commentato il direttore regionale dell’Unicef per l’Africa centrale e occidentale, Marie-Pierre Poirier, la sola presenza di bambini vicino a mercati e posti di blocco è sufficiente per fare scattare l’allarme. Risultato: l’anno scorso circa 1.500 bambini sono stati fermati tra Nigeria, Cameroon, Niger e Ciad. “Questi bambini sono vittime, non colpevoli”, ha detto Poirier: “Forzarli o ingannarli per commettere questi atti orribili è deplorevole”.
Il rapporto, lanciato tre anni dopo il rapimento di oltre 200 studentesse a Chibok, fornisce racconti preoccupanti di bambini cresciuti in cattività per mano di Boko Haram e su come questi bambini siano guardati con sospetto quando tornano nelle proprie comunità. Nelle interviste, molti bambini che sono stati associati a Boko Haram hanno dichiarato di non parlare con nessuno della loro esperienza perché hanno paura sia di essere stigmatizzati sia di possibili rappresaglie violente da parte delle loro comunità. Molti di loro sono costretti a sopportare gli orrori subiti in silenzio e si allontanano da altri gruppi per paura di essere banditi o stigmatizzati.
Tre anni fa, nell’aprile del 2014, furono in tanti nel mondo a reagire al sequestro da parte di Boko Haram di duecento ragazzine. Poche sono riuscite a fuggire, alcune sono state liberate dopo un paio d’anni, delle altre non s‘è saputo più niente.