Brogli, disparità di trattamento tra sostenitori del sì e sostenitori del no. Repressione verso gli oppositori di Erdogan: il referendum costituzionale in Turchia è stato condotto “in condizioni di disparità” e le modifiche procedurali decise all’ultimo minuto hanno “rimosso importanti salvaguardie”.
E’ il verdetto della missione dell’Osce sul voto di ieri, che ha concesso al presidente Recep Tayyip Erdogan un ampliamento dei poteri senza precedenti.
In una nota la missione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa ha affermato che “le due parti nella camapgna non hanno avuto uguali opportunità”. Se gli aspetti tecnici del voto sono stati “ben amministrati” gli elettori non hanno avuto “informazioni imparziali sugli aspetti chiave della riforma”.
Gli osservatori non hanno rilevato gravi problemi durante il voto ha detto Cezar Florin Preda, che guida la delegazione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Ma “in generale il referendum non è stato all’altezza degli standard del Consiglio d’Europa”.
Le libertà politiche durante la campagna sono state “ridotte sulla base dello stato d’emergenza” ha detto Tana de Zulueta, acapo della missione Odihr. “Uno stato d’emergenza non dovrebbe mai essere usato per minare lo stato di diritto” ha aggiunto Preda. Se la giornata elettorale ha registrato un andamento regolare e ordinato, a fine giornata il Consiglio elettorale supremo ha emesso istruzioni che hanno modificato in modo significativo i requisiti di validità delle schede elettorali, “rimuovendo un’importante salvaguardia e contraddicendo la legge” si legge nella nota.
Le opposizioni chiedono l’annullamento. Già oggi partiranno i primi ricorsi ufficiali a livello locale del principale partito di opposizione in Turchia, il kemalista Chp, in relazione a possibili brogli nel referendum costituzionale di ieri sul presidenzialismo, vinto da Recep Tayyip Erdogan con il 51,41%.
A essere contestata in primis è la decisione della Commissione elettorale suprema (Ysk) di conteggiare anche le schede senza il suo timbro ufficiale, salvo prove esplicite di frodi. “Al momento, questo e’ un voto dubbio”, ha commentato Utku Cakirozer, deputato del Chp.
ll YSK si è giustificato indicando alcuni precedenti (2004 e 1994), in cui le schede senza timbro ufficiale sono comunque state ammesse, senza però menzionare che la legge elettorale del 2010 ha espressamente vietato le buste senza timbro e aggiungendo di avere deciso di accettarle “su richiesta dell’Akp” – come ha affermato il presidente Sadi Güven – e portando gli oppositori a gridare allo scandalo. In parole povere, le schede senza timbro ufficiale sono valide.
“Non si possono cambiare le regole del gioco a metà”, ha affermato il leader Chp Kemal Kiliçdaroglu, mentre Meral Akgener, nazionalista Mhp distaccatasi dalla linea ufficiale del partito, ha detto che “il Consiglio ha commesso un crimine” e che “la Turchia non può proseguire con quest’onta”.
Curdi pronti al ricorso alla Cedu. Se la Commissione elettorale suprema turca (Ysk) non annullerà le contestate schede senza timbro, votate nel referendum di ieri sul presidenzialismo, l’opposizione è pronta a ricorrere alla Corte europea dei diritti umani. Lo ha annunciato il partito filo-curdo Hdp.