Ora c’è un contenzioso: da un lato il governo di Mosca e dall’altro la giustizia europea: la legislazione russa che vieta la promozione dell’omosessualità, anche nota come “legge sulla propaganda gay” viola il diritto alla libertà d’espressione ed è discriminatoria. L’ha stabilito la Corte europea dei diritti umani.
La sentenza di condanna della Russia che sarà definitiva tra 3 mesi se non ci saranno appelli. A presentare il ricorso a Strasburgo sono stati 3 attivisti gay condannati per aver protestato tra il 2009 e il 2012 contro varie leggi, l’ultima del 2013, che rendono un reato la promozione tra minorenni di relazioni sessuali non tradizionali.
La Corte di Strasburgo afferma che adottando le leggi anti propaganda gay la Russia “ha rinforzato la stigmatizzazione e i pregiudizi e incoraggiato l’omofobia” azioni incompatibili con i valori di eguaglianza, pluralismo e tolleranza di una società democratica”.
La Corte di Strasburgo ha basato la condanna di Mosca sulla valutazione della necessità di avere leggi che vietano la promozione dell’omosessualità e di relazioni sessuali non tradizionali tra i minori russi.
I giudici hanno innanzitutto “rigettato la tesi del governo secondo cui la necessità di proteggere la morale giustifica il fatto di regolare il dibattito pubblico sulle questioni Lgbt”. Secondo la Corte il governo “non ha dimostrato come la libertà d’espressione sui temi Lgbt svilisca o colpisca negativamente le famiglie tradizionali o possa comprometterne
Mosca ha deciso di ricorrere in appello
Il ministero di Giustizia russo ricorrerà in appello contro la sentenza della Corte europea dei diritti umani.
Dal canto suo la garante per i Diritti Umani in Russia, Tatiana Moskalkova, ha detto che “la Corte di Strasburgo ha interpretato male la legge sul divieto della propaganda sull’omosessualità tra i minorenni”.
“C’è differenza fra esprimere un’opinione e fare propaganda”, ha detto. “Sono due categorie diverse che usano diversi strumenti”. In Russia – ha poi notato – gli omosessuali non vengono perseguiti poiché non vi è “responsabilità” per essere gay.
Ovvero l’omosessualità non è un crimine, al contrario di quanto accadeva ai tempi dell’Unione Sovietica. “La propaganda di questo fenomeno, però, l’inclinazione a questo stile di vita, contraddice i principi morali”, ha concluso.
Secondo il capo della commissione Affari Esteri della Duma, Leonid Slutzky, “aa decisione della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo è politicamente motivata e non è la prima volta che questo accade”. “Ci spiace che il ramo giudiziario del Consiglio d’Europa venga politicizzato e che la Corte per i Diritti dell’Uomo venga usata come uno strumento per denigrare artificialmente la Russia”.
Secondo Slutzky Mosca ha spiegato la propria posizione “diverse volte” ed è “pronta a farlo anche adesso” poiché la Russia è “contraria all’imposizione di valori familiari alieni e non permetterà che le menti dei giovani vengano corrotte”.