Dal Burkini al Bikini il passo non è per niente breve. Eppure, loro, le donne algerine, l’hanno fatto: in 3000 si sono date appuntamento sulle spiagge della località balneare di Annaba per protestare, rigorosamente (s)vestite di costume due pezzi, contro l’obbligo di indossare il Burkini anche in spiaggia e contro la presenza dei fondamentalisti “moralizzatori”. E’ da diversi giorni che piccoli gruppi di donne provano a unirsi in una dimostrazione di forza e consapevolezza, grazie anche al tam tam dei social network, che sta scandendo il passaggio di stagione, dalle ‘primavere’ alle ‘estati arabe’.
La presenza di uomini nelle spiagge, che intimidiscono e minacciano le bagnanti musulmane in costume, e le invitano a coprirsi, o a lasciare la spiaggia, è diventata ormai un’emergenza in diversi paesi del Marghreb. Nelle spiagge di Annaba, in particolare, si è sviluppata anche con la denuncia social. Un gruppo si era specializzato a fotografare via Facebook le donne in costume nelle spiagge, per poi denunciarle con la pubblicazione nella piazza virtuale.
Dietro al Burkini, che è sì un simbolo carico di significati per la cultura musulmana, c’è però anche il diritto alla libertà di scelta da parte della donna. Perché – fanno notare le manifestanti in Bikini, è più facile che una donna col costume a due pezzi difenda il diritto di indossare il Burkini e non viceversa. Difficile trovarle i virtuosi dell’ortodossia balneare in prima fila a difendere una libertà che non corrisponda alla loro.